Era vero. Non era solamente una “voce”, magari figlia della confusione generata dalle prime sospensioni dei sanitari non ancora immunizzati. C’erano degli infermieri che in provincia di Pordenone continuavano tranquillamente a lavorare nonostante fossero già stati destinatari del provvedimento di sospensione da parte dell’Ordine professionale. E lo facevano usando uno “stratagemma” semplice, ma che è rimasto efficace per poco, dal momento che l’intervento dell’Ordine delle professioni infermieristiche è stato rapido, duro, decisivo.
Infermieri non vaccinati al lavoro
I casi, in provincia di Pordenone, si contano fortunatamente sulle dita di una mano. Sono pochi, ma fanno rumore, perché si è trattato di comportamenti reiterati contro la normativa in vigore. Gli infermieri in questione, infatti, erano già stati raggiunti dai provvedimenti di sospensione emanati dall’Ordine. Non erano vaccinati e non avevano nemmeno risposto a quello che ormai si configura come un ultimo avviso. Semplicemente, però, non avevano comunicato in alcun modo la sospensione dall’ordine professionale ai rispettivi datori di lavoro. Nonostante lo stop, quindi, continuavano liberamente a lavorare nonostante non fossero vaccinati. La protezione contro il Covid, va ricordato, è assolutamente obbligatoria per tutti gli operatori sanitari, siano essi a contatto con i malati o meno. È una legge dello Stato, ormai.
Manca personale
Ma ci sono anche altri sanitari - in questo caso soprattutto Oss, ma non mancano nemmeno gli infermieri - che allo stato attuale risultano quasi completamente “invisibili” alle autorità. Non sono vaccinati ma sono letteralmente “scomparsi” dai radar dell’Azienda sanitaria. Anzi, alcuni lavorano proprio in seno all’AsFo: è il caso ad esempio di un’operatrice non protetta che presta ancora servizio all’Hospice di San Vito al Tagliamento. Era tra l’altro tra i sanitari coinvolti nel focolaio che aveva preso piede nella seconda ondata all’interno della struttura sanvitese. Per chiudere definitivamente il cerchio, l’Ordine delle professioni infermieristiche ha inviato una lettera ufficiale alla Regione, nella speranza che anche gli ultimi “buchi” possano essere coperti.