Infermiera accoltellata da paziente: il colpo al petto fermato dal ferretto del reggiseno

Martedì 10 Dicembre 2019 di Alberto Comisso
Infermiera accoltellata da paziente: il colpo al petto fermato dal ferretto del reggiseno
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SAN VITO - Un'infermiera del Centro di salute mentale di San Vito al Tagliamento ieri mattina è stata accoltellata da un paziente che rifiutava di assumere la terapia antipsicotica. È viva perchè il primo fendente, diretto al petto, ha colpito il ferretto del reggiseno e la lama si è piegata. Prima che i carabinieri potessero immobilizzarlo, Michael Medini, 50 anni di Valvasone Arzene, l'ha colpita anche al fianco sinistro. L'infermiera che ha rischiato la vita è M.R., 50 anni, di Cordenons. «Poteva ammazzarmi, potevo non rivedere più i miei figli», ripeteva mentre i colleghi la portavano in ospedale, che a San Vito si trova di fronte al Csm. Sottoposta a un intervento chirurgico, è stata trattenuta in osservazione. Non è in pericolo di vita, la prognosi è di un paio di settimane, ma l'azione dell'uomo per il momento si configura in un tentato omicidio. L'uomo è stato arrestato e, su disposizione del pm Andrea Del Missier, portato in carcere a Pordenone.
 
IL RITRATTO
Sono le 11 del mattino, quando nella sala d'aspetto del Csm Michael Medini arriva accompagnato dal padre, la persona che più gli è stata vicina in questi anni di tribolazioni segnati da problemi psichici, episodi violenti e gesti eclatanti. Il 50enne è in libertà vigilata, sottoposta a misura di sicurezza perchè ritenuto socialmente pericoloso. Alterna momenti di tranquillità, che gli permettono di tornare in famiglia, a momenti così difficili che deve essere ricoverato nella struttura protetta di Maniago. Prima che la malattia segnasse la sua vita, Medini era pieno di iniziative: il bar a Zoppola, l'attività con la Life e poi la vicinanza ai Serenissimi, tanto da autoproclamarsi governatore della Banca Padana. Quando i movimenti hanno cominciato a prendere le distanze, ha continuato le sue battaglie da solo. Nel 2006 si è piazzato davanti all'Unicredit di Valvasone con una bombola del gas e un accendino in tasca. Minacciava di far crollare l'edificio. Da quel momento che ha conosciuto prima l'esperienza dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia e poi il ricovero nella struttura protetta di Maniago. In questi giorni era a casa, ma doveva comunque sottoporsi alle terapie. Da qualche tempo, però, si lamentava per gli effetti collaterali dei medicinali. 
LA DINAMICA
Ieri è uscito di casa con un coltello da cucina infilato nella manica sinistra dal giubbotto. «Adesso vi ammazzo tutti, ve la faccio pagare», ha cominciato a urlare nella sala d'aspetto del Csm. Le infermiere hanno intuito che il padre non sarebbe riuscito a calmarlo e hanno subito telefonato ai carabinieri della stazione di San Vito. Dopo l'arrivo dei militari, sembrava essersi tranquillizzato, ma quando l'infermiera ha preso in mano la siringa, lui ha sfilato il coltello e ha cominciato a colpire la donna. Accanto all'infermiera c'erano due colleghe, due medici, i carabinieri e il padre del 50enne. «È stata una scena terribile racconta Roberto Lezzi, direttore da un anno e mezzo del Centro di salute mentale Area del Tagliamento Solo per pura fortuna si sono evitate conseguenze peggiori. Il paziente, per dire il vero, stava rispondendo bene alla cure che gli stavamo somministrando, anche se non era la prima volta che mostrava segnali di aggressività». Ieri doveva sottoporsi alla terapia che i medici chiamano long acting. «In questa struttura afferma il direttore Lezzi siamo tutti consapevoli dei rischi che corriamo ogni giorno. Fortunatamente con i pazienti riusciamo quasi sempre a instaurare un buon rapporto».
Alberto Comisso
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Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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