L'ex interprete dell'allenatore Carrera allo Spartak: «Io, russo friulano a Mosca: ecco perchè qui stanno con Putin»

Venerdì 4 Marzo 2022 di Marco Agrusti
Artem Fetisov

PORDENONE - Mosca, tecnicamente e geograficamente Europa. Circa 850 chilometri a nord-est da Kiev. Due mondi diversi, oggi, uniti dal minimo comun denominatore della guerra. Che in Ucraina si fa sentire con il suo volto disumano, quello delle bombe, e in Russia dispiega gli effetti secondari: economici, morali. In mezzo, come sempre, ci sono i cittadini. Quelli che la guerra non la decidono, ma sono costretti a viverla, a subirla. E dopo le tante drammatiche testimonianze dal fronte ucraino, ce n'è anche una che lega il Friuli Venezia Giulia alla megalopoli russa. È il racconto di Artem Fetisov, classe 1988 e adottato sin da piccolo a Casarsa della Delizia. Ma russo al 100 per cento. È noto, nel recente passato, per aver girato l'Europa come traduttore e secondo dell'allenatore italiano Massimo Carrera, ex dello Spartak Mosca.

Oggi vive ancora a Mosca, dove lavora.
Fetisov, qual è l'impatto più visibile della guerra nella capitale russa?

«La vita qui sembra scorrere, ma basta dare un'occhiata ai prezzi per capire il cambiamento.

Da pochi giorni costa tutto il doppio. Le persone corrono a comprare elettrodomestici per paura di non trovarne più in futuro. Anche il prezzo delle auto è raddoppiato. È un caos anche qui. Le persone hanno paura di non poter più comprare merce occidentale e di doversi accontentare di quella cinese».

In Europa scorrono le immagini delle proteste nelle piazze russe contro la guerra. Che clima si respira dal vivo?
«C'è sicuramente chi non appoggia le decisioni del governo, come dappertutto. Ma Putin ha ancora il suo sostegno in patria. Non l'ha perso. Detto questo, credo che anche senza sostegno andrebbe avanti comunque».

Non sono impressionanti le immagini che arrivano dall'Ucraina?
«Prima di tutto voglio dire che anch'io sono contro la guerra, se parliamo in generale. Spero nella pace e non mi aspettavo che le cose finissero così».

Ma?
«Ma l'Ucraina è diventata una questione legata alla sicurezza nazionale del popolo russo».

In che senso?
«Per otto anni due popolazioni che vivono in altrettante zone dell'Ucraina (Donbass e Lugansk, ndr) sono state bombardate da Kiev».

Ed è una giustificazione sufficiente?
«Come ho detto, la guerra non piace a nessuno. Credo però che in questo momento circolino informazioni distorte».

Ad esempio?
«Sulle ragioni alla base del conflitto ad esempio. Ognuno dovrebbe rimanere al proprio posto senza dar fastidio al vicino di casa».

Allude alle forze occidentali e alla Nato?
«Sì, è un errore che si entri a gamba tesa nelle questioni ucraine o russe. Quando le iniziative sono partite dall'Occidente, nessuno ha parlato».

Oggi però la guerra non parte dall'Occidente...
«Da noi in questo momento non si parla di guerra, ma di operazione militare».

Guerra oppure operazione speciale, resta comunque una strage.
«Infatti, a perderci saremo sempre noi. Saranno sempre le persone. Ho amici ucraini, come ho tanti amici italiani. Noi non vinciamo niente. Lottano altre persone. Mi dispiace con tutto il cuore se qualcuno ha perso un suo caro. A rimetterci sono sempre le persone semplici».

Come arrivano le informazioni in Russia?
«Ognuno, durante una fase di tensione come questa, ha la sua propaganda. Succede qui come dall'altra parte. Consiglio di informarsi in rete, in modo da avere un quadro più completo».

Si augura qualcosa per il prossimo futuro?
«Spero nella pace. La scorsa estate sono tornato in Italia pensando di rimanerci. All'Italia voglio sempre molto bene. Peccato che ora in questa situazione ci rimetteranno tutti».
 

Ultimo aggiornamento: 09:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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