Putin taglia il gas? Tremano le aziende friulane e rischiano i lavoratori. L'appello: «Salvate prima le fabbriche»

Venerdì 24 Giugno 2022 di Marco Agrusti
Un gasdotto
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Adesso è estate.

Si usano le riserve gelosamente custodite nei grandi siti di stoccaggio. Ma c’è un intero mondo già in allarme per quanto potrà accadere non tanto in autunno, bensì quando sarà inverno inoltrato. È il mondo dell’industria pesante, che teme non la tempesta perfetta, ma una vera e propria calamità. Di magnitudo ben superiore all’emergenza d’inizio anno, quando il solo problema legato alle fonti energetiche era quello dei prezzi. Adesso la paura è quella di non averne più, di gas per far funzionare i forni. E dalla Confindustria udinese, a cui fa eco quella di Pordenone, si alza un appello: «Se si dovesse procedere ai razionamenti, non si tocchino le aziende». In poche parole, prima le fabbriche e poi le case. Come dopo il terremoto. 


IL QUADRO


Il colosso russo Gazprom ha già iniziato a girare la chiave inglese. I rubinetti - per semplificare - non erogano più la quantità di gas per la quale l’Italia pagherebbe. Ma la grande paura degli industriali friulani è che con l’innalzamento costante della tensione tra i due blocchi si possa arrivare a una mossa choc: il taglio drastico delle forniture. E a quel punto sarebbe una corsa tra i nuovi partner (Algeria, Azerbaijan, ecc.) e il rischio di rimanere a secco. «Il problema sarebbe enormemente grave - spiega il delegato di Confindustria Udine, Marco Bruseschi - e riguarderebbe, in ordine di tempo, prima tutte quelle fabbriche “pesanti” che non possono di fatto spegnersi, perché la disattivazione di un forno (e poi la sua conseguente riattivazione) avrebbe costi letteralmente enormi. Le prime “vittime”, quindi, sarebbero non solo le aziende cosiddette energivore, ma in particolare quelle che si basano sui forni alimentati a gas: vetrerie, ma anche i poli chimici che fanno da fornitori di prodotti trasversali per molte altre aziende. E ancora il settore della ceramica». 


L’APPELLO


Per farla breve, sarebbe una Caporetto, perché la spina dorsale della grande industria friulana (si parla di colossi, non di piccole e medie imprese) è fatta proprio dai settori che sarebbero più colpiti dal taglio delle forniture di gas russo. Che fare, quindi? Dalla Confindustria - questa volta da tutte e due le “sezioni” - un appello unico in scia a quella che è da tempo la linea della presidenza Bonomi a livello nazionale. «A meno di casi disperati - dice ancora Bruseschi - chiederemo che le industrie non siano toccate». Anche perché si parlerebbe di un’immediata perdita di posti di lavoro, e stavolta non solo di brevi stop produttivi come accaduto alla fine dello scorso inverno. «La maggior parte del consumo di gas (anche nella nostra regione, ndr) - è la riflessione dati alla mano degli industriali - è di tipo civile». Riguarda cioè le abitazioni, gli uffici, ma non le fabbriche. E questo anche se le aziende sono grandi consumatrici. Ma sono numericamente di meno. «E se fermiamo le fabbriche si ferma il mondo del lavoro, perdiamo posti». 


I TEMPI


Adeguare gli impianti per poter fare a meno del gas? «Impossibile per questo inverno». E allora bisogna anche prepararsi al peggio, mettendo giù una tabella di marcia delle criticità: «Storicamente - illustrano gli industriali - il periodo più difficile è quello di gennaio e febbraio, dove i consumi di gas sono più alti. Lì rischieremo. Sarà una corsa tra la capacità di trovare fonti di gas alternative e la possibile riduzione del prodotto russo. E il timore che Putin chiuda tutto esiste ed è reale. Soffriremo, ma meno, anche l’inverno successivo»

Ultimo aggiornamento: 07:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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