Glifosato, l'allarme inquinamento da diserbante su otto fiumi del Friuli occidentale

Lunedì 17 Febbraio 2020 di Marco Agrusti
Il fiume Livenza in una foto d'archivio
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PORDENONE L’Arpa del Friuli Venezia Giulia, nel biennio che si concluderà quest’anno, ha varato addirittura un piano di controllo ad hoc: si chiama “Progetto glifosato”. Non ne esistono di comparabili in regione.
L’obiettivo è quello di fornire a comunità, Azienda sanitaria ed enti del settore un quadro preciso della contaminazione da prodotti fitosanitari e diserbanti nelle acque superficiali e di falda destinate al consumo umano della Bassa Friulana e del Friuli Occidentale. Ecco i risultati: in otto punti, da Sacile alla Bassa, passando per la pedemontana, le acque superficiali sono risultate contaminate dal glifosato o dal suo metabolita, conosciuto con la sigla Ampa. 

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LA MAPPA
Otto risultati in provincia hanno mostrato sforamenti dei livelli di glifosato nelle acque superficiali. I valori mostrano una media annua superiore a 0,1 microgrammi in ogni litro. Nel dettaglio, i limiti sono stati superati a Cordovado, nel sito definito come roggia Comunali-Lugugnana, nel Lemene, nel rio Versiola e nel rio Cao Maggiore a Sesto al Reghena, nel canale Colle a Maniago, nel torrente Grava e infine nel Livenza, in comune di Sacile. 
Una successiva tabella mostra valori di inquinanti organici nelle acque sotterranee di Porcia, Fontanafredda e Roveredo e nelle acque superficiali sempre nel livenza. In generale, i siti risultati al di sopra di quella che viene definita “soglia di bassa quantità”, sono stati trenta. Un dato più confortante arriva dalle rilevazioni più profonde, che puntano a indagare sull’acqua per il consumo umano, dove non sono stati registrati sforamenti. 
Ma il glifosato, ricercato dall’Arpa nell’indagine specifica, ha dimostrato di esserci eccome nelle acque superficiali della provincia di Pordenone. E dal 2006, il prodotto risulta tra i tre più venduti e utilizzati in agricoltura. «I pesticidi, contenuti spesso in miscele e proporzioni variabili - scrive l’Arpa - quando raggiungono l’ambiente possono rimanere inalterati o subire processi degradativi generando i cosiddetti metaboliti. Questi ultimi possono avere caratteristiche diverse dal composto di partenza e talvolta risultare ancora più pericolosi e persistenti». E i dati contenuti nel rapporto, sono i più aggiornati a disposizione, essendo riferiti al biennio in corso. 

LE ALTRE SOSTANZE
I dati dell’Ispra invece si riferiscono al 2016 e riguardano 52 punti delle acque superficiali e 132 di quelle sotterranee. Sono stati effettuati 785 campioni per un totale di 77.182 misure analitiche. Le sostanze cercate complessivamente sono 114. Nelle acque superficiali ci sono residui nel 96,2% dei punti e nel 96,9% dei campioni. Sono state rinvenute 76 sostanze; le più frequenti sono alcuni metaboliti del Ddt. Nelle acque sotterranee è stata riscontrata la presenza di residui nel 81,1% dei punti e nel 77,1% dei campioni. Sono state rinvenute 22 sostanze, le più frequenti sono: atrazina-desetil, atrazina desetil desisopropil e terbutilazina-desetil.

Nelle acque superficiali ci sono 11 superamenti; nelle acque sotterranee le concentrazioni sono superiori ai limiti in 45 punti. Le aree messe peggio sono quelle in aperta campagna. 

Ultimo aggiornamento: 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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