Il virus a "casa Merkel": tempi duri per gli italiani di Germania

Domenica 24 Maggio 2020 di Roberto Ortolan
Gian Enrico Chicco Caserta alla finestra della gelateria di Hagen al confine con l'Olanda
Germania Mecca economica d’Europa? Per nulla, soprattutto durante l'emergenza pandemia. Anche se adesso si procede verso la normsalità. Anche lì è stato complicato vivere ai tempi del Covid-19. A testimoniarlo, sul campo, tre dei tanti italiani (in questo caso diverse generazioni di saronesi emigrati nel Paese dell’Europa Centrale) che ogni anno fanno la valigia e si trasferiscono nel Paese di Angela Merkel. C’è chi come Marina Mutton è alla prima esperienza da dipendente di una gelateria a Norimberga.«Dopo il diploma – attacca – ho tenuto la contabilità a un’azienda di Treviso, poi ho fatto un anno a Dublino (seguivo un bimbo autistico) per imparare l’inglese. E quest’anno volevo lavorare e imparare il tedesco». Gian Enrico, “Chicco” per tutti, Caserta e Giovanni “detto Cirillo” Santin, ormai da tanti anni, gestiscono gelaterie in Germania. Il primo ad Hagen, città di 200mila abitanti tra Essen e Dortmund (a due passi dall’Olanda), il secondo a Berlino. «Due regioni e due modi di vivere – dicono in coro – completamente diverse. Anche nell’approccio alla pandemia da parte della politica e della gente». Non a caso molti problemi sono stati affrontando nel rispetto di logiche regionali. E se nella Baviera il lock-down è stato pressochè totale, in altre aree le scelte sono state diverse.
    «Nella regione con  Dortmund l’effetto Covid-19 quasi non si è avvertito. A Berlino già di più. Per i nostri amici pordenonesi, trevigiani e bellunesi di Monaco, della Baviera e di Bochum - precisano - la situazione è molto più complicata. Quassù, seppure con piccole precauzioni, si è lavorato. Al Sud è stato chiuso tutto per un periodo. La Merkel aveva annunciato la riapertura per il 27 aprile, con mascherina obbligatoria, ma subito i contagi erano  raddoppiati. Po, con calma, la riapertura».
ISOLA FELICE
Hagen e tutta l’area della Germania vicina all’Olanda si è trovata in una sorta di occhio del ciclone. «Qui la gente gira in strada – dice Chicco che gestisce una gelateria in centro con la mamma e dove lavora anche Giorgio Bessega, anche lui di Sarone – senza mascherina. I positivi si contano sulle dita di una mano. I cittadini sono molto scrupolosi, soprattutto i più giovani. Gli anziani invece vorrebbero trasgredire ma basta un invito perché osservino le prescrizioni. Siamo aperti ma solo per i gelati da passeggio. Consegniamo anche a domicilio. C’è stata una flessione degli incassi che è bilanciata da più ore di tempo libero. Certo non posso assumere le due ragazze stagionali che servivano ai tavoli, ma dopo anni sono riuscito ad andare a pescare con un amico. La gente viene, prende il gelato e poi si allontana subito. C’è l’obbligo di consumare il prodotto ad almeno 50 metri da dove si è comprato per non creare assembramenti. Per tale motivo ho messo un nastro rosso intorno ai tavoli e nessuno si siede. Il vero problema? I supermercati. Non c’è nessuna regola da osservare e all’interno c’è una calca da far paura. Con l’obbligo della mascherina la situazione è mnigliorata». Chicco ha la famiglia, moglie è figlia, a Sacile. «La piccola si è appena laureata e già lavora per un’azienda farmaceutica – spiega -. Adesso è a casa e lavora da remoto. So tutto dell’Italia, ma qui a parte qualche piccola privazione, il Covid-19 non ha causato emergenze».
SENZA STIPENDIO
Marina Mutton, per imparare il tedesco, ha lasciato Berlino ai primi di gennaio. «Volevo – esordisce – imparare il tedesco servendo ai tavoli. Ma quando sono arrivata a Norimberga, in un locale gestito da un italiano trapiantato in Germania (ha sposato una tedesca), ho scoperto che ero senza contratto. Avevo un posto da lavapiatti per 2 mesi. Poi mi avrebbero assunto. Ho resistito. A marzo mi sono arrivate due offerte di lavoro dall’Italia, per la mia specializzazione, ma non sono potuta partire. Uno dei dipendenti della gelateria, un brasiliano come tutti gli altri camerieri, è risultato positivo al coronavirus. Abitavamo nello stesso appartamento e siamo stati tutti sottoposti a un mese di quarantena. La gelateria ha chiuso e io sono rimasta sigillata in appartamento. Nessuno poteva uscire nemmeno per fare la spesa. La mia assunzione a tempo determinato non è stata così rinnovata. E da metà marzo, ricevuto l’ultimo stipendio, sono rimasta in quarantena e ho dovuto farmi bastare soldi per mangiare (l’affitto era gratis). La quarantena in Germania? Mi misuravano la febbre due volte al giorno. Era però duro vedere dalla finestra la gente girare per la città senza mascherina. Solo uno su cinque la indossava. Ammortizzatori sociali? Non per me perché non avevo contratto. Gli altri riceveranno il dal 60 al 70 per cento dello stipendio (a seconda dell’anzianità di lavoro in Germania). Terminata la quarantena (ancora negativa al test) ho chiesto di tornare in Italia. Tutto ok. Il 25 aprile ho preso il treno per Bolzano, poi Verona, Venezia e infine Sacile. Finalmente a casa. Ma arrivando dall’estero ho dovuto rifarmi 15 giorni di quarantena durante i quali ho preparato due colloqui di lavoro. Adesso ho un contratto a tempo indeterminato in Veneto, dove curo la contabilità a un'azienda»”.
FAMOSO
Giovanni Cirillo Santin è una stella in Germania. I suoi gelati vincono quasi tutte le gare dove sono presenti. La televisione tedesca gli sta facendo una corte serrata per fargli gestire un programma in prima serata  (il regista è un triestino). «Non credo di essere tagliato per la tv – esordisce -. Molto meglio fare il maestro delle creme. Spesso sono a Prato per insegnare ai giovani a fare il gelato. Ma insegno anche fuori dall’Italia». Giovanni Santin ormai la sua vita l’ha trasferita in Germania. A Berlino oltre alla moglie Claudia, ci sono anche i due figli (lei specializzanda in psicologia, lui impegnato nella scuola-lavoro per diventare pasticciere), ma soprattutto la mamma Antonia, 96 anni, che venti anni fa ha lasciato l’amata Sarone per trasferirsi col figlio. «La situazione è stata dura – precisa -. In pochi mesi rischi di perdere quello che hai costruito in una vita. A 55 anni non sarebbe semplice ricominciare. E mi è andata bene che quando è scoppiata la pandemia avevo fatto firmare il contratto a 11 dipendenti dei 23 che mi assumo ogni anni. Di due gelaterie, per un periodo, ho potuto tenerne aperta (solo la vetrina) una. C’è sempre la coda ma il giro d’affari è crollato dell’80/85 per cento. I dipendenti sono in una sorta di cassa integrazione. Lavorano 2/3 ore al giorno e percepiscono il 68% dello stipendio. Lo paga lo Stato ma devo anticiparlo io poi il Governo Merkel mi restituirà i soldi. Tra 2 o tre mesi se tutto andrà nel verso giusto. Ma per fare gli stipendi, visto la miseria delle entrate ho dovuto indebitarmi con la banca”. Il 25 aprile, nel rispetto delle norme di sicurezza, Giovanni Santin e tanti altri operatori economici hanno organizzato un evento, trasmesso via Facebook, per invitare la Merkel a riaprire tutto. Il simbolo? Tante sedie vuote e le mascherine.«Qui non è come in Italia – dice ancora – e la gente gira tranquilla per strada. In tutti i land, seppure con restrizioni diverse e quasi tutti senza mascherina. Ma il problema è che Berlino è una città turistica carissima. E senza turisti vendere gelati è complicatissimo. D’altra parte in tutta Berlino, stando ai dati ufficiali, ci sono stati solo 126 morti da Covid. Ma qui I deceduti li calcolano in maniera diversa dall’Italia. Qui non ci sono decessi di persone con Covid-19: per le statistiche tedesche chi ha un’altra malattia non è deceduto per coronavirus. Dopo l’annuncio della riapertura il 27 aprile, la Merkel, vista l’impennata dei contagi, è tornata sui suoi passi. E così diventa un rompicapo far quadrare I conti”. Ma Giovanni Santin è una mente vivace e molto apprezzato come mastro gelataio. Mi hanno offerto due ottimi contratti per aprire due catene di gelaterie a Los Angeles e a Lima, ma non me la sento di lasciare tutto. Ormai Berlino è la mia casa e soprattutto lo è per i miei figli. Non me la sento di cambiare vita a 55 anni. Così sono stato in banca. Ho ottenuto un prestito ma ho dovuto dare garanzie precise. E pensare che avevo appena finito di pagare tutti i debiti e potevo guardare al futuro con serenità. Le garanzie del Governo? Campa cavallo. Intanto, siccome la banca dice che sono un’attività con un ottimo rating, devo fare da solo. In caso la situazione dovesse peggiorare potrebbe arrivare un aiuto di Stato». Poi il campione del mondo dei gelatai deve scappare. C’è troppa coda davanti alla vetrina della gelateria. «C’è un assembramento – conclude – e qui se arriva la Polizia sono 200 euro di multa a cranio. Il bello è che la mascherina la indossa uno ogni tanto. Dovrebbe essere obbligatoria ma i berlinesi non amano molto rispettare le regole. Ognuno fa come gli pare».
Ultimo aggiornamento: 16:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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