SPILIMBERGO (PORDENONE) - Anche un gatto morto - o meglio fatto sopprimere - può scomodare la giustizia. Ne sa qualcosa un anziano veterinario che, assieme ad altre due persone, ha rischiato un'imputazione per uccisione di animali.
«NON ERA SOFFERENTE»
Per avere la certezza che il gatto non fosse sofferente, ha evidenziato al gip l'avvocato Luca Donadon, che difendeva il veterinario spilimberghese, sarebbe stato necessario «riesumare l'animale». La storia è intricata e ha coinvolto più di un veterinario della zona. Il felino, sui 12 anni circa, era stato portato in un ambulatorio per la soppressione: era diventato incontinente, secondo quanto riferito dal figlio della compagna dell'anziano morto (madre e figlio difesi dall'avvocato Francesca Gobbo). Secondo le denuncianti era soltanto una scusa per liberarsi dell'animale. «Gli era stata tolta la lettiera», avevano detto giustificando la presunta incontinenza.
LE PERPLESSITÀ
Dubbi sullo stato di salute del gatto eliminato il 18 maggio 2020 erano stati sollevati anche dal veterinario a cui era stato chiesto di procedere con la soppressione e che invece contattò una volontaria della colonia felina dell'Associazione Francesco d'Assisi per la tutela del gatto per affidarle il micione, in quanto non aveva riscontrato sofferenze. Il collega che eliminò l'animale disse invece che era denutrito, anoressico e sarebbe morto in poco tempo. Ma la figlia del padrone del gatto e l'animalista non gli credono. Da qui la denuncia e il tentativo di opporsi all'archiviazione dell'indagine.