Il gallerista Granzotto si difende delle accuse di evasione: «Io trasparente, se ho sbagliato pagherò»

Mercoledì 9 Giugno 2021 di Michelangelo Scarabellotto
Giovanni Granzotto

SACILE - Ha creato scalpore l'inchiesta della Guardia di finanza che coinvolge il gallerista sacilese Giovanni Granzotto, conosciuto per il suo impegno culturale e sociale.

Indagato per evasione fiscale e autoriciclaggio, la Procura gli contesta di aver venduto quadri senza fatture utilizzando i proventi per sostenere lo Studio d'arte GR. La battaglia giudiziaria è ancora aperta. Granzotto respinge le accuse e conferma di aver dismesso gradualmente, per sostenere famiglia e galleria, la sua collezione personale, conosciuta in tutto il mondo dell'arte, frutto di 40 anni di rapporti con i maggiori artisti contemporanei. «Ho sempre pensato che la dismissione delle mie opere, fatta in modo trasparente e tracciato, non comportasse implicazioni fiscali».


E invece?
«Una decina di anni fa mi venne contestato l'obbligo di pagamento di tasse anche sulla vendita dei dipinti della mia collezione. Allora i prelievi di contante erano concessi e questo poteva anche lasciare spazio a interpretazioni dubbie. Abbandonai i ricorsi e accettai i pagamenti con la rottamazione. Nessun reato venne perseguito».


E dopo?
«In tutti questi anni non utilizzando prelievi in contanti, se non di piccolo importo, ho continuato a dismettere opere della mia collezione per pagare le tasse, per esigenze familiari, per sostenere lo Studio d'Arte. Premetto che il mio modesto reddito è dovuto al fatto che le entrate per consulenze, perizie, curatele, anche queste fatturate, perfino agli amici, sono state trasferite allo Studio Gr per sostenerlo».


Negli ultimi dieci anni che cosa è successo?
«Dopo il 2012 il mondo dell'arte europeo, soprattutto italiano, è entrato in una crisi terribile che ha portato a sole due strade: la chiusura o il trasferimento in paradisi fiscali. Noi abbiamo deciso di resistere e sono molto orgoglioso di questa scelta. La crisi ha però portato alla diffusione delle truffe, che anche noi abbiamo subìto raggiri per centinaia di migliaia di euro. Nel 2018 uno degli autori è stato prosciolto e dichiarato insolvente. Poco dopo io e lo Studio GR siano stati indagati».


Che cosa è emerso dalle indagini?
«Per quel che riguarda l'analisi di computer, telefonini e conti correnti non è stato accertato un solo movimento di denaro illecito, un solo versamento da parte di terzi su conti di parenti o dipendenti compiacenti. Nulla di nulla. Quello che è stato riscontrato e che io confermo, è la vendita dei dipinti di mia proprietà, alcuni di mia moglie, regolarmente tracciata con assegni e soprattutto bonifici. Vennero anche sigillati tutti i dipinti trovati in casa, nello Studio e nel magazzino, dove vi erano anche i dipinti di maggior dimensione di mia proprietà. Questa procedura non era autorizzata e il mio avvocato voleva contestarla, ma io preferii collaborare e lo feci per mesi inventariando tutto con i finanzieri, parliamo di più di 2.000 lotti».


E le problematiche con l'estero?
«Riguardano la GR Gallery, di cui lo Studio GR è uno dei soci fondatori. Come altre illazioni formulate su altre società, sono assolutamente infondate e inspiegabili. Anche in questo caso ci sono tutte le carte che documentano la vicenda. Veniamo accusati di aver esportato quadri e di averli lasciati lì senza nemmeno aver chiesto le proroghe della temporanea esportazione. Chiarisco: quando vengono i finanzieri nel 2019, una parte dei quadri era già rientrata. A tutt'oggi, documenti doganali alla mano, i quadri rientrati superano il 90% dell'intera esportazione e a breve completeremo il rientro. La Finanza, mettendo in discussione la congruità del magazzino dello Studio, ha confuso bolle doganali di esportazione con bolle di rientro. Nulla di evasivo riguarda l'attività americana, dove per ora abbiamo solo perso molti soldi».


Lei respinge l'imputazione. E gli eventuali obblighi fiscali?
«Rifiutiamo l'insinuazione, per me vergognosa, di aver mai proposto vendite in contanti, trucchi fiscali, comportamenti in qualsiasi modo fraudolenti, dei quali, non da quello che dico io, ma da quello che presentano le carte, non esiste prova. Se la vendita dei miei dipinti personali dovesse produrre un obbligo fiscale, provvederò in questi termini. Ma null'altro mi può essere imputato in termini giuridici e soprattutto etici. Se venisse riconosciuto tutto quello che mi addebita la Finanza, si tratterebbe di una media di 67.000 euro l'anno. Andando indietro di 7 anni, e non di 5, come per qualsiasi accertamento fiscale, si arriva a 470.00 euro. Ma poiché questi soldi non li ho spesi per la bella vita, ma in buona parte per sostenere lo Studio, ecco comparire l'autoriciclaggio e diventare più di un milione... A settant'anni, non solo non faccio una bella vita e non mi concedo lussi, ma continuo a lavorare come un matto cercando anche di essere un esempio di correttezza e rigore nel mondo dell'Arte».
 

Ultimo aggiornamento: 11:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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