Si lasciano, la moglie gli ruba il pc dell'Esercito: «I figli a me o ti metto nei guai»

Sabato 30 Giugno 2018
Si lasciano, la moglie gli ruba il pc dell'Esercito: «I figli a me o ti metto nei guai»
PORDENONE - Un rapporto coniugale conflittuale e un computer dell'Esercito italiano utilizzato dall'ex compagna come arma di ricatto. R.C., 40 anni, caporale maggiore capo del VII Reggimento trasmissioni di Sacile, per quel computer ha rischiato di perdere l'affidamento dei figli, il licenziamento e ha dovuto affrontare un processo per furto militare pluriaggravato davanti al Tribunale militare di Verona, dal quale è stato assolto con formula piena. Tutto comincia nel 2017, quando il militare riceve da parte del suo Comando l'incarico di realizzare un lavoro informatico da presentare alla Fiera del radioamatore di Pordenone. Deve creare una rete chiusa con q uattro computer-client, con posta elettronica antivirus software. Gli forniscono un computer della caserma. «Il paradosso - spiega il suo legale, Luca Scandurra - è che per poter svolgere questo lavoro aveva necessità di accedere a internet. In caserma non c'era un accesso a internet, così portò il computer a casa».
È il 12 aprile 2017. L'ex compagna da poco se n'è andata da casa chiedendo l'affidamento dei figli in via esclusiva. Il militare, ritenendo che la madre non sia in grado cresce bimbi così piccoli da sola, vuole prendersene cura. Ma lei si affida a un legale, che propone la sottoscrizione di un ricorso congiunto per l'affidamento dei figli alla madre. «Lui ovviamente rifiuta - continua Scandurra - L'ex compagna, per costringerlo a firmare l'accordo, gli sottrae il computer dell'amministrazione militare e lo utilizza come arma di scambio: o mi firmi l'accordo o ti distruggo il computer».
A quel punto il militare va dai carabinieri di Sacile per denunciare un'estorsione. Subito dopo va a firmare il ricorso congiunto. Il Tribunale, sulla base di quanto richiesto dai coniugi - e con il consenso estorto al militare - affida i figli alla madre e così il caporal maggiore ottiene, come era nei patti, la restituzione del computer, subito portato in caserma. Questo non lo ha messo al riparo da un procedimento per furto aggravato, avviato dal suo stesso Comando quando i carabinieri informano l'amministrazione militare della vicenda estorsiva.
In Tribunale di Verona l'uomo è riuscito a dimostrare che aveva portato a casa il computer per poter realizzare il lavoro commissionato dal suo Comando per la Fiera del Radioamatore e che non era stato in grado di restituirlo per colpa dell'ex compagna. «Per dimostrare l'assenza del dolo - ricorda il suo avvocato - ha spiegato che se avesse effettivamente voluto rubare il computer, non sarebbe andato dai Carabinieri a denunciare, ma avrebbe semplicemente firmato l'accordo e si sarebbe tenuto il computer». Successivamente l'uomo ha proposto un ricorso in Tribunale a Pordenone per la modifica del collocamento dei figli. Il giudice gli ha dato ragione. «I figli adesso stanno con il papà - spiega il legale - e la madre deve contribuire al loro mantenimento».
 
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