Pordenone. «Stipendi troppo bassi». Fuga di medici all'estero

Lunedì 30 Settembre 2019 di Davide Lisetto
Pordenone. «Stipendi troppo bassi». Fuga di medici all'estero
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PORDENONE - Entro cinque anni - secondo qualcuno anche prima - gli ospedali potrebbero essere veramente a corto di medici. E i segnali già oggi non mancano: basta vedere quanti sono i concorsi per ricoprire ruoli, in particolare in alcuni reparti, che vanno deserti. L'allarme non è certo di queste ultime settimane. Già da tempo, infatti, le organizzazioni e i sindacati degli stessi medici pongono la questione come urgente a tutti i tavoli possibili.
PROBLEMI IN CORSIAPensionamenti degli attuali camici bianchi a cui manca una manciata di anni (e si tratta di una generazione veramente numerosa) al ritiro dal lavoro. Abbandono da parte di professionisti che operano nel servizio sanitario nazionale per trovare collocazione nella sanità convenzionata-privata. Fuga di giovani medici e neo-specializzati verso ospedali e centri sanitari di altri Paesi europei. Dove i medici italiani - oltre che essere molto richiesti, vista la qualità della nostra formazione universitaria - trovano spesso situazioni migliori sia sotto l'aspetto della qualità del lavoro che sotto il profilo economico. Queste le cause che stanno portando a concorsi sempre più disertati dai candidati. Anche a Pordenone i casi dei percorsi di reclutamento deserti non sono mancati. In particolare nella Medicina d'urgenza, in Anestesia, in Ortopedia, in Pediatria, in Medicina. Situazioni che hanno spinto le Regioni ad avanzare proposte che però non piacciono e non sembrano gradite alla stessa categoria dei medici. Come quella di assumere e fare lavorare negli ospedali i giovani neolaureati senza ancora la specializzazione oppure quella di fare lavorare i medici fino a settant'anni di età.
GLI STIPENDITra le cause della carenza di medici ai concorsi vengono anche indicati gli stipendi ritenuti troppo bassi e non in linea con la media europea. «Si tenga conto - spiega Francesco Di Nunzio, delegato regionale del sindacato dei medici Cimo - che un medico può essere assunto come dipendente se ha conseguito, dopo i sei anni della laurea in Medicina e chirurgia, il titolo di specialista, per il quale sono necessari ulteriori cinque anni di studio». Questo per dire che gli stipendi di ingresso, che però restano tali almeno per i primi cinque anni di lavoro, di circa 2.400 euro sono decisamente «inadeguati» e poco competitivi sia con la sanità convenzionata che con l'estero. «Il nuovo contratto di lavoro - aggiunge il medico-sindacalista di Cimo, sigla che non ha siglato l'intesa pre-firmata lo scorso luglio - prevede che al medico al primo impiego e per i successivi cinque anni viene attribuito uno stipendio annuale lordo di 57.756 euro che al netto diventa di 31.580 euro, vale a dire 2.430 euro netti al mese. È da considerare poi che se lo stesso medico dovesse decidere di praticare la libera professione esterna subirebbe un ulteriore decurtamento dello stipendio di circa 193 euro». Alla fine dovrebbe lavorare per circa 2.200 euro netti. Con turni, notti e festivi compresi. E con i noti problemi derivanti dai carichi di lavoro dovuti alle carenze di organico. «Un trattamento economico - aggiunge Di Nunzio - assolutamente insufficiente e nemmeno paragonabile alle retribuzioni previste nei Paesi europei a pari livello degli standard italiani. Ma lontano anche dagli stipendi previsti nell'ambito della medicina convenzionata con il sistema sanitario nazionale. Anche questa è una delle cause - conclude il Cimo - della difficoltà di reperimento dei medici specialisti nel sistema pubblico, soprattutto in quelle specialità che comportano un particolare impegno professionale e una quasi completa dedizione».
Davide Lisetto
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