Guerra fatale: crollati i traffici Friuli-Russia. Cali a doppia cifra per mobili, manifattura, tecnologia e legno

Venerdì 13 Maggio 2022
Guerra fatale: crollati i traffici Friuli-Russia. Cali a doppia cifra per mobili, manifattura, tecnologia e legno

Orologi, apparecchi medici, prodotti di alta elettronica, computer.

Meno 96 per cento. Mobili? Meno 48 per cento, sfiorando il 50. E il contraccolpo è ancora più evidente in settori, come quello della metallurgia, dove il valore dell'interscambio nel 2021 era cresciuto addirittura del 101 per cento. Lì si parla di flusso azzerato, di stop totale. È la fotografia delle (ex) relazioni strette tra il Friuli Venezia Giulia e la Russia. Sono dati ufficiali, che testimoniano l'effetto di due pagine quasi incollate della storia ultracontemporanea: prima la pandemia, poi la guerra e le sanzioni. E mentre le aziende ora cercano consulenti legali per poter capire come esportare lo stesso in Russia senza violare palesemente l'embargo, la crisi diventa evidente.


L'IMPATTO
L'export friulano in Russia nel 2021 valeva circa 210 milioni di euro. Ora è quasi tutto bruciato, fatte salve pochissime e rare eccezioni. Il primo colpo lo ha dato il Covid, ma la mazzata è arrivata con lo scoppio della guerra in Ucraina. Un altro esempio che comprende una vasta gamma di prodotti, in quanto la voce è piuttosto generica. L'interscambio di derivati della manifattura friulana da e verso Mosca scende del 40 per cento. Non tutti i prodotti sono colpiti dalle sanzioni, ma lo è la maggior parte delle banche russe. E senza il famoso codice Swift non si può ottenere i pagamenti per la merce venduta. Le commesse, quindi, saltano. E ancora i prodotti agricoli, che garantivano un flusso vicino ai tre milioni di euro. Già alcuni mesi fa si era visto un crollo vicino al 20 per cento, che oggi si è notevolmente ampliato. Stesso discorso per i prodotti alimentari, che calano del 17 per cento. Batosta, poi, per gli articoli di abbigliamento, che portavano in dote circa un milione di euro: si tratta del lusso e del quasi lusso, che ora apparentemente a Mosca interessa meno indipendentemente dalle sanzioni in atto. Malissimo anche i prodotti farmaceutici, con una bilancia che pende verso il segno meno per circa l'83 per cento del valore rispetto al passato.


IL QUADRO
«Tutti i settori dell'economia friulana con una presenza anche in Russia sono in negativo a due cifre», spiega Matteo Tonon, che guida il Cluster del legnoarredo in Friuli Venezia Giulia. «E in alcuni casi, si tratta di contatti praticamente azzerati». E si deve partire da un dato: dal 20 al 30 per cento dell'export Italia-Russia per quanto riguarda l'area del mobile arriva dal Nordest, quindi anche dal Friuli Venezia Giulia. Tonon ne parla praticamente al passato: «La premessa doverosa è che la guerra è un dramma. Quello russo, però, è stato un mercato di riferimento importante. Tanti hanno investito, hanno creato strutture commerciali. Ora nel combinato tra l'incertezza dettata dalla guerra, le fluttuazioni del rublo, il sistema delle sanzioni, non è facile nemmeno mantenere le relazioni commerciali di base. «Sempre più aziende - spiega Tonon - si stanno rivolgendo a consulenti legali specializzati proprio in questa materia. Si tratta di figure che analizzano il complesso sistema delle sanzioni internazionali e ricercano le formule alternative permesse dalla normativa». Una normativa che evidentemente non è così perfetta come si pensava quando da Bruxelles piovevano gli annunci roboanti. I consulenti che fanno? Semplicemente spiegano all'azienda cosa può e cosa non può fare. Ma allo stesso tempo provano ad aprire i canali ancora possibili per rendere il commercio in Russia di nuovo fattibile. Cambiare categoria merceologica, aggiornare il proprio sistema bancario di riferimento, appoggiarsi a un ente di credito (russo) ancora non colpito dalla scure dell'Unione europea. «La quota di mercato attuale - spiega ancora Tonon - ci dice che i traffici tra i due Paesi non sono totalmente azzerati. Il vero problema, però, non è rappresentato dalla merce in sé, quanto invece dal blocco dei pagamenti». Il famoso sistema Swift, che serve a garantire la bontà di un bonifico internazionale. «Ci sono aziende - illustra ancora Tonon - che hanno ricevuto l'acconto di un pagamento prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e che ora non riescono ad ottenere il saldo dello stesso acconto. Per questo motivo sono costrette a tenere la merce (già tecnicamente venduta) ferma nei magazzini».
 

Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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