Orologi, apparecchi medici, prodotti di alta elettronica, computer.
L'IMPATTO
L'export friulano in Russia nel 2021 valeva circa 210 milioni di euro. Ora è quasi tutto bruciato, fatte salve pochissime e rare eccezioni. Il primo colpo lo ha dato il Covid, ma la mazzata è arrivata con lo scoppio della guerra in Ucraina. Un altro esempio che comprende una vasta gamma di prodotti, in quanto la voce è piuttosto generica. L'interscambio di derivati della manifattura friulana da e verso Mosca scende del 40 per cento. Non tutti i prodotti sono colpiti dalle sanzioni, ma lo è la maggior parte delle banche russe. E senza il famoso codice Swift non si può ottenere i pagamenti per la merce venduta. Le commesse, quindi, saltano. E ancora i prodotti agricoli, che garantivano un flusso vicino ai tre milioni di euro. Già alcuni mesi fa si era visto un crollo vicino al 20 per cento, che oggi si è notevolmente ampliato. Stesso discorso per i prodotti alimentari, che calano del 17 per cento. Batosta, poi, per gli articoli di abbigliamento, che portavano in dote circa un milione di euro: si tratta del lusso e del quasi lusso, che ora apparentemente a Mosca interessa meno indipendentemente dalle sanzioni in atto. Malissimo anche i prodotti farmaceutici, con una bilancia che pende verso il segno meno per circa l'83 per cento del valore rispetto al passato.
IL QUADRO
«Tutti i settori dell'economia friulana con una presenza anche in Russia sono in negativo a due cifre», spiega Matteo Tonon, che guida il Cluster del legnoarredo in Friuli Venezia Giulia. «E in alcuni casi, si tratta di contatti praticamente azzerati». E si deve partire da un dato: dal 20 al 30 per cento dell'export Italia-Russia per quanto riguarda l'area del mobile arriva dal Nordest, quindi anche dal Friuli Venezia Giulia. Tonon ne parla praticamente al passato: «La premessa doverosa è che la guerra è un dramma. Quello russo, però, è stato un mercato di riferimento importante. Tanti hanno investito, hanno creato strutture commerciali. Ora nel combinato tra l'incertezza dettata dalla guerra, le fluttuazioni del rublo, il sistema delle sanzioni, non è facile nemmeno mantenere le relazioni commerciali di base. «Sempre più aziende - spiega Tonon - si stanno rivolgendo a consulenti legali specializzati proprio in questa materia. Si tratta di figure che analizzano il complesso sistema delle sanzioni internazionali e ricercano le formule alternative permesse dalla normativa». Una normativa che evidentemente non è così perfetta come si pensava quando da Bruxelles piovevano gli annunci roboanti. I consulenti che fanno? Semplicemente spiegano all'azienda cosa può e cosa non può fare. Ma allo stesso tempo provano ad aprire i canali ancora possibili per rendere il commercio in Russia di nuovo fattibile. Cambiare categoria merceologica, aggiornare il proprio sistema bancario di riferimento, appoggiarsi a un ente di credito (russo) ancora non colpito dalla scure dell'Unione europea. «La quota di mercato attuale - spiega ancora Tonon - ci dice che i traffici tra i due Paesi non sono totalmente azzerati. Il vero problema, però, non è rappresentato dalla merce in sé, quanto invece dal blocco dei pagamenti». Il famoso sistema Swift, che serve a garantire la bontà di un bonifico internazionale. «Ci sono aziende - illustra ancora Tonon - che hanno ricevuto l'acconto di un pagamento prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e che ora non riescono ad ottenere il saldo dello stesso acconto. Per questo motivo sono costrette a tenere la merce (già tecnicamente venduta) ferma nei magazzini».