Federica Zille: «Amo il calcio e lo raccondo in tv»

Lunedì 7 Marzo 2022 di Valentina Silvestrini
Federica Zille: «Amo il calcio e lo raccondo in tv»

Racconta il pallone dai campi di serie A e B, in presa diretta. Pordenonese, trentaduenne, Federica Zille è uno dei volti noti di Dazn.

Cronista per passione, si definisce, ma soprattutto tifosa di calcio fin da piccola, quello bello da vedere e ben giocato».


Ha una squadra del cuore?
«No - sorride -, anche se sono cresciuta con due fratelli maggiori che giocavano tra i dilettanti ed erano milanisti».


Quindi prova simpatie rossonere?
«Solo in passato: era l'epoca del Milan di Ancelotti, e da tifosa lì imparai ad apprezzare non solo i movimenti di quella squadra, ma anche degli avversari. Oggi sono innamorata del bel calcio - ribadisce -, in cui un ruolo fondamentale è svolto dalle tifoserie, parte integrante dello spettacolo. Ce ne siamo accorti bene durante la pandemia, con gli stadi vuoti».


Quando nasce la sua passione?
«Esiste da sempre. I miei fratelli giocavano in Terza categoria, nell'Union Rorai, così ho passato l'infanzia a seguire le loro partite. Ero un po' la mascotte anche delle signore che gestivano il campo. Intorno ai 9 anni ho iniziato ad appassionarmi e a seguire sul serio i campionati».


Poi il lavoro: com'è andata?
«Dopo il liceo Grigoletti mi sono iscritta alla facoltà d'Ingegneria a Udine. Dopo sei mesi però ho capito che dovevo seguire il consiglio di mamma: farmi guidare dall'istinto, in un lavoro che mi piacesse. Il sogno nel cassetto era il giornalismo sportivo. Così mi sono trasferita a Milano, dove ho ottenuto la laurea triennale alla Cattolica, e poi ho fatto il Master in giornalismo e l'esame di stato».


La svolta?
«Nel 2016, fino ad allora avevo fatto solo stage. Venni contattata da Milan Tv, il canale ufficiale del club, e fu il mio primo lavoro. Dopo due anni, con il varo di Dazn in Italia, sono stata assunta e mi sono ritrovata a dover seguire 20 squadre di serie A e altrettante di B».


Come ha iniziato?
«Divertendomi moltissimo, specie a bordocampo: seguire la sfida stando tra le panchine, ascoltando e raccogliendo curiosità. È un lavoro pieno di adrenalina, il ritmo non consente di dilungarsi. Occorre essere sintetici e captare la notizia».


La dote fondamentale?
«L'equilibrio, che nel calcio è importantissimo. È uno sport seguito e preso molto sul serio. Me ne rendo conto soprattutto quando sono allo stadio. Per tre anni ho fatto solo bordocampo, da questa stagione ho iniziato anche le cronache delle partite della domenica alle 18».


Sono molte le giornaliste sportive, eppure quello del calcio resta un ambiente fortemente maschile. Com'è stato affrontarlo da giovane donna?
«All'inizio c'è un po' di scetticismo, è frequente l'equazione bella ragazza, ma non sa di calcio, così come il pregiudizio secondo cui una donna si occupa di pallone solo per entrare nel mondo della televisione. Io l'ho sempre vissuta all'opposto: lavoro in tv perché questa mi ha permesso di occuparmi di calcio. Da giovane ci avevo provato anche in ambito locale, ma non c'era spazio».


Immaginava un futuro come questo?
«No, ero troppo timida: il mio sogno era scrivere di calcio per il web. Però ho colto l'opportunità».


È serena?
«Lavorando si conquista credibilità. Nella redazione di Dazn siamo in molte, preparate e appassionate. Le ragazze nel calcio esistono, stanno lì perché ne sanno e non per mettersi in mostra».


I suoi fratelli calciatori come hanno commentato la prima assunzione?
«A 18 anni mi avevano regalato una maglia di Kakà, originale e firmata. Quando mi hanno preso a Milan tv, scherzando, mi hanno detto che avrei potuta averla da sola. Con loro parlo raramente di sport, ma a loro devo la grande frequentazione dello stadio, specialmente nella splendida stagione dell'Udinese 2005-06 in Champions League».


Da giornalista ha seguito anche la parabola del Pordenone?
«Lavoravo già per Dazn, fu un'emozione incredibile essere una giovane cronista pordenonese che seguiva i ramarri nell'estate 2020, in semifinale con il Frosinone al Rocco di Trieste. Fu la mia prima conduzione, con Dario Marcolin, e la prima volta in quel bellissimo stadio».


Cosa le piace di più del suo lavoro?
«Il bordocampo e le interviste a caldo, che sono le più delicate».


C'è una partita rimasta nel cuore?
«Un'amichevole del 2019, Liverpool Legends-Milan Glorie. Fu una reunion con tutti i calciatori che hanno fatto la storia dei due club, e della mia infanzia, giocata a Liverpool. Solo sentire l'inno dei Reds You'll never walk alone, il più bello d'Europa, mette i brividi».

Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 10:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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