Avvelenato dall'erba raccolta nei campi: nessun antidoto avrebbe potuto salvare Valerio

Martedì 3 Agosto 2021 di Cristina Antonutti
L'erba velenosa mangiata dall'uomo che poi è morto
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PORDENONE - Nessun antidoto avrebbe potuto salvare la vita di Valerio Pinzana, il 62enne di Travesio mancato lo scorso marzo avvelenato dall’assunzione accidentale di colchicina. Il medico legale Giovanni Del Ben ha consegnato alla Procura di Pordenone la sua perizia. Le conclusioni del consulente hanno escluso qualsiasi ipotesi di reato: quando Pinzana ha allertato il medico di base, le sue condizioni erano già irreversibili.

Il sostituto procuratore Federico Facchin ha pertanto chiesto l’archiviazione del fascicolo d’indagine in cui si era approfondita la posizione di Roberto Pradolin, 62 anni, di Frisanco, il medico di base di Travesio che come atto di garanzia era stato indagato per l’ipotesi di omicidio colposo in ambito sanitario. «I dosaggi di colchicina - spiega il suo difensore, Fabio Gasparini - erano così alti che nessun antidoto lo avrebbe salvato. Da parte del medico non ci sono stati comportamenti omissivi, nè sono state evidenziate concause».


L’AVVELENAMENTO
Il 29 marzo Pinzana, profondo conoscitore di erbe ed esperto raccoglitore, aveva trovato foglie di colchico autunnale. Le raccolse scambiandole per aglio orsino. Tornò a casa e preparò il pesto che poi mescolò nella pastasciutta. La moglie lo assaggiò e lo rifiutò. Non fu così per il 62enne, che consumò interamente il pasto. Verso le 20 dello stesso giorno cominciò a manifestare i primi disturbi. Chiamò il medico soltanto alle 9 del mattino seguente. Troppo tardi. Secondo la perizia medico legale, i dosaggi di veleno ingeriti erano così elevati che soltanto una lavanda gastrica «tempestiva ed energica», effettuata entro 3/4 ore dalla comparsa dei primi sintomi, avrebbe potuto dargli qualche chance di vita.


LE CONSEGUENZE
Il veleno gli procurò un’emorragia gastrointestinale, danneggiò organi vitali e distrusse i globuli bianchi. Si tratta, infatti, di un veleno potentissimo, oltre che molto rapido. Basta una dose compresa tra i 7 e i 50 milligrammi per morire. «Il medico di famiglia - spiega l’avvocato Gasparini - era stato contattato il giorno successivo, circa 22 ore dopo, e aveva talmente pochi dati a disposizione che non poteva immaginare un caso di avvelenamento. Aveva chiesto al paziente che cosa avesse mangiato, ma sapendo che era un esperto raccoglitore di erbe, non poteva immaginare che avesse raccolto una specie velenosa». Il terzo giorno non vedendo miglioramenti, nonostante i farmaci prescritti, lo inviò in pronto soccorso». In ospedale, quando l’erba ingerita accidentalmente fu esaminata, si scoprì che Pinzana era vittima della specie velenosa che, se raccolta troppo presto, può essere scambiata proprio per aglio orsino. Tra le ipotesi, non si scartò il fatto che Pinzana, guarito dal Covid-19, avesse ancora gusto e olfatto alterati, circostanza che gli avrebbe impedito di riconoscere l’erba velenosa.

Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 08:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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