Zanolin, la sconfitta e l'abbandono del Consiglio: «Questa non è più la città che conoscevo»

Giovedì 7 Ottobre 2021 di Lara Zani
Gianni Zanolin

PORDENONE - Gianni Zanolin l'ha annunciato subito dopo aver preso atto del risultato elettorale, e ai suoi l'aveva chiarito ancora prima: non siederà in Consiglio, ma continuerà a lavorare da fuori per una città alla quale, spiega, «continuo a voler bene».

Ma che è anche una città profondamente cambiata rispetto a quella che aveva contribuito ad amministrare, fino al 2011, più povera dal punto di vista dell'associazionismo, dell'impegno e delle relazioni, di una povertà che spiega, forse, anche la scarsa partecipazione al voto.

LA SPIEGAZIONE
«Sono partito con il ricordo della città che avevo conosciuto da assessore - racconta -, molto vivace e strutturata, e mi sono avvicinato pensando di ritrovarla così. Invece in dieci anni quella città è profondamente mutata. C'è molto meno impegno nell'associazionismo. È evidente che su questo ha inciso anche il Covid, ma le persone con le quali mi sono confrontato mi hanno spiegato che si tratta di una situazione che dura da prima. Quello che rimane sono scheletri di associazioni. L'impegno degli anziani, in particolare, è sempre più rivolto all'interno delle famiglie. Alla base ci sono una serie di fattori: innanzitutto, la fragilità delle famiglie, che ha portato a una diminuzione delle relazioni. Se poi ci si aggiunge il lockdown, si capisce come l'associazionismo sia sempre più fragile. Alcuni pensano che tutto passerà una volta che saremo usciti definitivamente dalla pandemia, ma io credo ci sia qualcosa di più radicale. E il restringimento della base associativa comporta il fatto che, senza una camera di compensazione, il linguaggio degli adolescenti si modifichi. Io attribuisco a questo anche una parte della mancanza di partecipazione elettorale. Questa sarebbe la mia maggiore preoccupazione da sindaco». Ora il suo impegno proseguirà, ma fuori dall'Aula: «Fin dall'inizio avevo detto che in nessun caso sarei stato di nuovo in consiglio comunale, dove sono entrato per la prima volta nel 1975. Ritengo di dover lasciare spazio ad altri. Ma mi interessa portare avanti un lavoro da fuori, con i consiglieri e anche come presidente della Fondazione Zanolin Dametto. Voglio tenere assieme la coalizione che ho creato e dare una mano alle persone più giovani».

L'ANALISI
Di quella coalizione che ha visto insieme Pd, liste civiche e M5s, Pordenone è stata considerata anche un laboratorio, ma la sconfitta non rappresenta per Zanolin un fallimento: «Il risultato elettorale rispecchia quello delle altre città nelle quali c'era un sindaco uscente con una forte personalità. Non ci vedo un'indicazione di carattere generale. Siamo andati a una competizione fortemente condizionata da cinque anni di amministrazione Ciriani, ma abbiamo anche trovato una situazione sociale nella quale è difficile cercare ancoraggi sul territorio. Io continuo a volere bene a Pordenone. Voglio bene a questa città e voglio continuare a viverci bene. Non mi sento rifiutato. Ho imposto uno stile, portando il confronto su un piano di analisi della città, e in questo modo si è evitato uno scontro come quello che si è visto, per esempio, a Roma». E non rinnega la scelta di candidarsi: «Lo rifarei perché ho già conosciuto lo stigma della sconfitta. Ho voluto evitare che questo stigma cadesse su persone giovani, che hanno davanti una vita di opportunità. Io non lo temo, mentre un giovane lo avrebbe pagato molto più duramente. Nessuno mi ha costretto: me lo sono assunto come una sorta di dovere».
 

Ultimo aggiornamento: 10:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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