Il futuro del Cro? Dall'Amico non ha dubbi: «Si salva solo se lavora in sinergia con l'ospedale civile»

Venerdì 12 Maggio 2023 di Loris Del Frate
Roberto Dall'Amico, primario della Pediatria del Santa Maria degli Angeli

PORDENONE - «I numeri? Sono importanti. E ci si deve confrontare». Non ha dubbi Roberto Dall'Amico, primario della Pediatria del Santa Maria degli Angeli, che affronta il dibattito sul futuro del Cro. Come salvarsi? Unendo le forze con l'ospedale di Pordenone.

Anche fisicamente. Ricerca, eccellenze, tumori rari ad Aviano, nei padiglioni di via Montereale, i ricoveri e l'ambulatoriale.

LA REGIONE
«Il Friuli Venezia Giulia - spiega Dall'Amico - ha una popolazione di 1.2 milioni. Un quarto di quella del Veneto, ma come il Veneto ha due facoltà di Medicina e un Irccs. Come il Veneto il Friuli ha buoni ospedali. L'esempio è Pordenone che ha una lunga tradizione in ambito Cardiologico, Oncologico e Chirurgico, con forte capacità di attrazione. La qualità dell'assistenza in ambito oncologico in regione è mediamente elevata. Ma purtroppo si deve confrontare con casistiche limitate e con una dispersione in un numero elevato di altri ospedali».

BACINO DI UTENZA
«Il lavoro del medico richiede bacini di utenza adeguati. Senza la possibilità di seguire un numero sufficiente di pazienti la curva di apprendimento è molto lenta e la competenza si raggiunge con fatica. Ed è molto più difficile fare ricerca clinica ed essere attrattivi verso i giovani medici che preferiscono lavorare in Centri con volumi di attività maggiori». Il primario Dall'Amico a questo punto fa riferimento alla tabella pubblicata sopra che indica i tumori maligni sottoposti ad interventi negli ospedali regionali, in un ospedale del Veneto e dell'Emilia Romagna. Come confronto. «Quei numeri - spiega - confermano un'ampia dispersione delle casistiche e la necessità di concentrare perlomeno le patologie complesse in pochi centri. Nella area pordenonese sembra logico che si debba procedere verso un'unica organizzazione in ambito oncologico. E' solo questione di tempo. I Centri che avranno la capacità di riorganizzarsi e seguire più pazienti saranno più efficienti e potranno avere un peso maggiore nelle scelte regionali. Essere piccoli e divisi non paga mai in sanità. I numeri descrivono anche pazienti sempre più complessi nelle loro manifestazioni e richiedono una multidisciplinarietà nelle cure. Vuol dire che gli ospedali devono farsi carico preferibilmente nella stessa sede di tutti i bisogni di salute del paziente oncologico, per la sua patologia di base fragile e ad alto rischio di complicanze sia nella fase acuta che nel follow up. I pazienti affetti da patologia oncologica devono poter contare su specialisti presenti sulle 24 ore. Cardiologi, nefrologi, infettivologi, rianimatori, pneumologi, gastroenterologi, chirurghi».

LE URGENZE
«Gli ammalati - spiega ancora Dall'Amico - devono poter accedere nel loro ospedale in caso di urgenze sapendo che sono conosciuti, che il loro fascicolo sanitario è disponibile nell'emergenza, che il loro oncologo potrà essere contattato. Se è il caso anche di notte e nei fine settimana. Il nuovo ospedale di Pordenone rappresenta un'opportunità unica per Asfo e Cro. Se sapranno unire le forze potranno dare migliori risposte ai pazienti. Il lavoro multidisciplinare rappresenta poi un volano culturale enorme che trascina una medicina sempre più qualificata, ricerca clinica, fondi. Migliora il senso di appartenenza e richiama i professionisti migliori. Diversi Irccs sono integrati e mantengono il loro status anche se operativi all'interno delle Aziende sanitarie».

GLI ALTRI IRCCS
«L'area ospedaliera attuale in via Montereale di cui è prevista la dismissione, potrebbe rappresentare la sede ideale per un nuovo padiglione dove concentrare tutta l'attività oncologica sotto la direzione del Cro. Il Centro avianese potrà mantenere parte delle attività ad Aviano, privilegiando a Pordenone il ricovero e l'ambulatoriale. Nell'attuale sede potrà implementare il suo mandato di governo clinico della patologia oncologica, coordinare l'attività regionale sui tumori rari, mantenere posizioni di eccellenza sul piano nazionale ed internazionale attraverso la ricerca clinica e traslazionale».

L'UNIONE FA LA FORZA
«Asfo, Cro e pazienti hanno tutti forti motivi per richiedere una soluzione organizzativa di questo tipo. Migliorerà anche la già buona capacità di attrazione extraregionale. Non farlo ora - conclude Roberto Dall'Amico - con un'area libera ancora in fase di progettazione dopo la costruzione del nuovo ospedale significa perdere una grande occasione. Che di questi tempi non ci si può proprio permettere».
 

Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 08:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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