PORDENONE E UDINE - Non è solo il timore della variante inglese, che probabilmente circola da tempo. È semplicemente un trend che si è invertito, e come avvenuto già in autunno è ripartito anche da una fascia d’età che la malattia spesso non l’accusa, ma che il contagio lo diffonde.
L’ATTACCO
«La scuola oggi purtroppo è un vettore di contagio importantissimo ed è aperta, mentre ci sono invece attività, anche piccole o parziali che però non comportano rischi e rimangono chiuse». Erano state queste, nella mattinata di ieri, le parole del presidente Fedriga alla trasmissione televisiva MattinoCinque. «Sarebbe stato assolutamente giusto, invece, fare il contrario. Io vengo da una terra, il Fvg, dove c’è stato il terremoto e i nostri padri con estrema responsabilità hanno detto nella ricostruzione prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese. Se noi teniamo chiuse le attività lavorative per tanti mesi, oltretutto neppure parzialmente o con limitazioni, vuol dire il fallimento di queste attività. Io preferisco, purtroppo dovendo scegliere, un ragazzo che fa la didattica a distanza ma che ha il papà e mamma che possono lavorare e portare i soldi a casa per mantenerlo, rispetto a un ragazzo che fa la didattica in presenza ma i genitori non lavorano e non hanno di che mantenersi. Dietro la decisione di tenere le scuole aperte, c’è stata una scelta ideologica. Una ipocrisia che è andata avanti per mesi». Una presa di posizione, quella di Fedriga, che si è concretizzata in un pomeriggio fatto di riunioni e confronti con i maggiori esperti della regione. «Abbiamo chiesto ai nostri epidemiologi - ha ribadito - un quadro chiaro sull’estensione e la pericolosità dei contagi nelle scuole, anche in relazione alla diffusione della variante inglese. Ogni decisione sarà presa con coraggio». Nel mezzo, tra apertura e chiusura totale, c’è una terza via: la serrata delle scuole dove il contagio è maggiore, ma sembra una scelta poco praticabile al momento.
I NUMERI
L’allarme è supportato dai numeri aggiornati quotidianamente dal team guidato dall’epidemiologo Fabio Barbone. La scuola, a febbraio, ha praticamente “doppiato” gli altri ambiti di contagio, come ad esempio gli ospedali e le case di riposo (ambienti ormai protetti da una campagna vaccinale che ha raggiunto numeri ottimi) ma anche gli incontri tra amici, che invece avevano “spinto” la piccola terza ondata che in Friuli Venezia Giulia si era manifestata a cavallo delle feste natalizie. I focolai scolastici sono nuovamente aumentati. Nella settimana che si è conclusa il 14 febbraio sono stati contati 44 “cluster”. Oggi sono attesi i dati più aggiornati, quelli decisivi.