Covid, fuga verso Udine per la terza dose: il sistema-Pordenone a un passo dallo stallo

Martedì 23 Novembre 2021 di Marco Agrusti
La cittadella della salute di Pordenone

UDINE - Il rischio, adesso che la possibilità di fare la terza dose è stata “regalata” anche ai cittadini residenti con più di 40 anni e che via via si arriverà ad allargare sempre di più la platea fino ad arrivare alla totalità della popolazione, è seriamente quello di non farcela. E non è un caso che già ora, già con questi numeri che si possono ancora definire limitati, non siano pochi i cittadini della provincia di Pordenone costretti (o invogliati dai numeri scoraggianti che hanno di fronte) ad “emigrare” verso Udine per ottenere qualcosa che dopo due anni di pandemia dovrebbe rappresentare la normalità: il vaccino.
Ma la situazione è proprio questa, con l’aggiunta di un aggiornamento delle ultime ore: a meno di decisioni imposte direttamente dalla Regione, nel Friuli Occidentale non aumenteranno gli hub vaccinali.

Si pensa piuttosto al coinvolgimento maggiore dei medici di base, ma è un’operazione già finita maluccio nelle case di riposo. 


IL PUNTO


Ieri, allo scoccare della data che coincideva con la prenotazione per le terze dosi riservata ai cittadini con più di 40 anni (prima si era fermi agli over 60), qualche posto lo si è trovato. I più fortunati addirittura nella prima quindicina di dicembre, tra la Cittadella della salute e l’ex Ipsia di Maniago. Ma appunto si parla solo di qualche posto. Perché il quadro in realtà è sconfortante. In alcuni momenti, ad esempio, gli hub vaccinali della provincia di Pordenone spariscono addirittura dalla web app messa a disposizione dalla Regione per le prenotazioni online. In altri, invece, le attese sono eterne: si arriva anche a un mese e mezzo, cioè a inizio 2022. Il problema, però, è che con le terze dosi bisogna correre, e per molte persone il 2022 potrebbe essere un orizzonte troppo distante. In tutti i sensi. 


I PROBLEMI


Primo, nell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale manca personale per le vaccinazioni. Pochi giorni fa ci si è trovati in questa situazione: persone da vaccinare 380, medici tre. Pochissimi. Ma quello della forza lavoro è un problema che si potrebbe aggirare, semplicemente attingendo alle casse dell’azienda, come sta già avvenendo altrove. E di offerte ne sono anche arrivate, di possibilità ce ne sono: il gruppo Arkesis, una cooperativa di medici. E così via. Ma dai vertici dell’azienda al momento solo il silenzio. La strategia sarebbe quella di virare sui medici di base. E in questo senso il primo test non è andato benissimo. Proprio ai dottori di famiglia, infatti, è stata affidata l’operazione nelle case di riposo, tutt’ora in corso. Tra lungaggini, rifiuti da parte di alcuni professionisti (soprattutto nelle residenze con la presenza di almeno un contagio attivo) e proteste da parte dei direttori delle varie Asp, si è partiti in netto ritardo. Negli altri due ambiti territoriali del Fvg le operazioni sono praticamente terminate e le strutture per anziani riaprono alle visite dei familiari. A Pordenone invece si è perso troppo tempo. 


I RISULTATI


E così è tornato di moda un argomento che è sempre stato purtroppo caro alla sanità pordenonese: la “fuga” verso altri territori. In questo caso non verso il vicino Veneto, ma verso gli hub vaccinali della provincia di Udine. Il motivo è di una chiarezza elementare: si trova posto prima. Ha riaperto ad esempio anche il centro vaccinale di Latisana, all’ex stazione Ippica che già ospitava l’hub dei tamponi. Una soluzione comoda soprattutto per chi vive nella bassa pianura pordenonese. Ci sarebbe San Vito, è vero, ma si attende troppo. Si torna sempre lì. 

Ultimo aggiornamento: 18:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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