Covid, la linea friulana convince il ministro Speranza: i malati positivi asintomatici andranno nei reparti normali

Venerdì 8 Luglio 2022 di Marco Agrusti
Un reparto Covid
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TRIESTE - Ha vinto la linea del Friuli Venezia Giulia.

Quella per la quale ha combattuto il vicepresidente Riccardi. Il ministero della Salute, con una circolare inviata ieri, ha di fatto sdoganato quella che forse è la più grande rivoluzione gestionale dall’inizio della pandemia: i ricoverati in ospedale che presenteranno solamente un tampone positivo, ma che non manifesteranno chiaramente i sintomi del Covid, potranno essere ospitati nei reparti collegati alla loro patologia. E non nelle aree dedicate alla Pandemia. È una svolta epocale. «E il Friuli - spiega Riccardi - sarà pronto a giorni con il nuovo protocollo». 


I DETTAGLI


Il Friuli sarà pronto perché proprio dall’estremo Nordest era partita la proposta. Erano stati i direttori delle Aziende sanitarie a chiedere di non mandare più in tilt gli ospedali ricoverando qualsiasi paziente positivo in Pneumologia. E così sarà. «Il ministero - ha aggiunto Riccardi - ha detto sì alla creazione delle “bolle” negli altri reparti». Come funzionerà il metodo? Si partirà dal Pronto soccorso. Un paziente solo positivo ma senza i sintomi del Covid, infatti, verrà mandato nel suo reparto di competenza. Ad esempio in ortopedia per un trauma osseo. Nell’area specifica saranno individuate delle stanze dedicate ai positivi (i primari hanno già portato questo lavoro a termine, bisognerà solo applicarlo), che potranno ospitare uno o due pazienti. 


IL PROBLEMA


Il timore però è anche quello che in corsia manchi il personale. I numeri sono “freschi”, di ieri mattina. Attualmente il sistema sanitario del Friuli Venezia Giulia deve fare a meno di 410 operatori sanitari. Un’altra brutta botta. Sono tutti contagiati e ancora positivi. Costretti a casa anche se asintomatici. Non possono lavorare e per rientrare in corsia avranno bisogno di un tampone negativo. E i numeri sono molto alti anche per quanto riguarda il bilancio di giugno, quando nella nostra regione sono stati annoverati 998 contagi tra i dipendenti del sistema sanitario regionale. Per un metro di paragone coerente bisogna tornare ad aprile, quando i contagi interni agli ospedali erano stati 1.093. A marzo, invece, l’esatto numero di positivi visto a giugno. Tornando allo scorso mese, poi, sono stati registrati 195 casi tra gli operatori delle case di riposo e 143 tra gli ospiti. Un dato, quest’ultimo, che non preoccupa in modo particolare. 


LE CONSEGUENZE


Mille operatori infetti nel mondo della sanità già piegato dai problemi atavici, rappresentano come dice Riccardi «un’ulteriore brutta tegola». Il vicepresidente e assessore alla Salute non usa giri di parole. «Rischiamo di non poter dare una risposta alle esigenze di salute della popolazione. Pensiamo ad esempio alla chirurgia. Oggi il rapporto tra costi e benefici è cambiato: i nostri primari ci segnalano che le polmoniti gravi da Covid sono praticamente sparite. Spesso teniamo gli infermieri a casa per una settimana per un raffreddore. E in questo modo mettiamo a rischio la capacità degli ospedali di gestire i tempi di attesa e di recuperare terreno». 


IL PRESSING


Per questo il Friuli Venezia Giulia stava aumentando la sua pressione affinché passino due concetti: «La necessità - illustra ancora Riccardi - di una modifica urgente all’organizzazione del sistema ospedaliero (ed è il successo ottenuto ieri, ndr) e la revisione del sistema di sorveglianza». E nel secondo caso si parla dell’altra richiesta degli esperti friulani, che consiste nello stop ai tamponi di massa, per concentrarsi invece su fragili e super-sintomatici. «Ma in entrambi i casi - ha spiegato sempre Riccardi - serve una forte coesione tra le Regioni per portare una singola proposta a Roma». 

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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