Covid, picco dei contagi a fine gennaio. «Ma non andremo in zona rossa»

Giovedì 13 Gennaio 2022 di Marco Agrusti
L'epidemiologo Fabio Barbone

Il virus si sta “raffreddorizzando”? Quando raggiungeremo il picco di un’ondata che tra Delta e Omicron sembra quasi infinita? Il Friuli Venezia Giulia è alla vigilia di un nuovo periodo caratterizzato da restrizioni ancora più pesanti rispetto a quelle previste dalla zona arancione? Domande comuni, che in pandemia popolano i bar come i salotti buoni, le conversazioni tra amici come i dibattiti tra esperti.

E risposte che spesso sono contraddittorie. A provare a far chiarezza, nel momento più delicato e con il Fvg a un passo dall’arancione (domani la decisione ufficiale del ministero della Salute, anche se un’altra settimana in giallo pare ora più possibile), è l’epidemiologo Fabio Barbone, coordinatore della task force regionale che lotta contro il Covid ed elabora le strategie di risposta da inizio pandemia. 


Professor Barbone, dritti al punto. Quando vedremo il picco dei contagi?


«I modelli in questa fase hanno un margine di errore e molto dipende anche da quanti tamponi si fanno. Fatte queste premesse, stiamo vedendo una crescita inferiore rispetto a quella delle ultime settimane e verosimilmente arriveremo al picco dell’ondata entro la fine del mese». 


Poi però toccherà ai ricoveri...


«La variante Omicron sembra aver accorciato i tempi tra l’insorgenza dei sintomi e la necessità di ospedalizzazione. Prima parlavamo di una distanza superiore ai 15 giorni, mentre ora sembra essersi ridotta a 10 giorni. È verosimile, quindi, che vedremo il picco dei ricoveri attorno al 10 febbraio. Il problema è capire quanto sarà alto questo picco». 


Sta dicendo che rischiamo la zona rossa e non solo l’arancione?


«Dai modelli di cui siamo in possesso mi sento di escludere la possibilità di scivolare in rosso. L’ipotesi peggiore parla al momento di circa 450 ricoveri nelle Aree mediche Covid, contro i 500 e oltre che servirebbero per decretare la zona rossa immediata per la nostra regione». 


Il dibattito è acceso. Stiamo andando verso una normalizzazione endemica della pandemia?


«Io ci andrei cauto, di questo virus ho imparato a non fidarmi mai. Su una cosa sono d’accordo: con il tempo il Covid farà meno male, si ridurranno gli effetti più gravi che adesso in tanti casi richiedono il ricovero in ospedale. Ma non credo sia ancora questo il momento. Abbiamo la possibilità che si formino nuove varianti, lo abbiamo già visto in passato. Sa cosa farei? Contatterei l’amministratore delegato di un’azienda che produce vaccini e lo convincerei a sfornare presto le quarte dosi, prima del prossimo autunno. Altrimenti avremo un’altra stagione difficile davanti a noi, dopo l’estate». 


I vaccini quindi funzionano ma non abbastanza?


«Abbiamo capito che proteggono molto bene dalla malattia, ed è un dato importantissimo e cruciale. Ma la loro efficacia non è prolungata come speravamo. Gli scienziati sono stati bravissimi a sviluppare più prodotti in un tempo così breve, ma ora anche la terza dose sembra mostrare un calo di protezione nel corso dei mesi».


Perché in Friuli Venezia Giulia latita anche l’adesione nei confronti della terza dose?


«Siamo lenti, e non parlo della macchina vaccinale. Quella funziona bene. Sono proprio le persone a rispondere in modo lento alla “chiamata”. Riscontriamo difficoltà anche con chi aveva fatto senza alcun problema la seconda dose e che ora attende per effettuare la terza». 


Cosa si può fare per correre di più?


«Evidentemente c’è chi ha bisogno del fiato sul collo. Servirebbe una campagna promozionale martellante. La pandemia c’è ancora, lo si vede dalla sua diffusione mondiale. E io aspetterei a definirla un’influenza. Tutti noi speriamo che questo incubo finisca presto, ma non sempre quello che speriamo si avvera. Ora ci siamo ancora dentro». 

Ultimo aggiornamento: 08:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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