Coronavirus, il Friuli Venezia Giulia "assediato" dalla variante inglese: ecco i comuni di confine che rischiano grosso

Giovedì 25 Febbraio 2021 di Marco Agrusti
Test in laboratorio per la variante inglese
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PORDENONE E UDINE - Stamattina, giovedì 25 febbraio, arriva sulla scrivania degli esperti regionali e dei decisori politici un documento importante.

Direttamente dall’Area Science Park di Trieste e dal team del professor D’Agaro, atterrerà il secondo report sull’avanzamento delle varianti del Covid in Friuli Venezia Giulia. Un’indagine più ampia rispetto alla prima, che comprenderà anche la ricerca dei ceppi brasiliano e sudafricano. Ma l’osservata speciale sarà sempre la variante inglese, perché si teme che sia la più diffusa. In realtà però la Regione sta già lavorando per fronteggiare un allarme, suonato ancor prima dell’arrivo del report ufficiale: il Friuli Venezia Giulia, infatti, è circondato da focolai di ceppi mutati, e l’allerta è massima soprattutto in una fascia del territorio: è quella che confina con la provincia di Belluno. 


I CONFINI
La variante inglese è stata trovata in più di un caso nel Bellunese, con particolare riferimento all’area più montana della provincia. L’allarme risuona quindi sia a ridosso di Sappada e Sauris, borghi direttamente collegari con il Cadore, che in val Cimoliana e a Erto e Casso, comunicanti con la valle del Piave e Longarone. «Siamo a conoscenza di una particolare incidenza della variante inglese in quei luoghi - ha spiegato il vicepresidente Riccardo Riccardi - e stiamo valutando ogni tipo di azione. L’attenzione è massima, anche se non vogliamo fasciarci la testa prima del tempo». Tradotto, se le evidenze si dimostreranno fondate, non si esiterà a chiudere localmente le aree più a rischio. Ma non è ancora questo il momento. 
Il secondo pericolo arriva dall’Austria e dalla Slovenia. Dal Tirolo, la variante sudafricana ha sconfinato anche in Carinzia, alle porte del Friuli Venezia Giulia. In Slovenia, invece, la variante inglese è presente nell’area litoranea, cioè nella parte più settentrionale dell’Istria, al confine con Trieste. 

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ALL’INTERNO
C’è poi il focolaio goriziano, che al momento contiene cinque casi di variante inglese e che ha causato la chiusura di una scuola a Gradisca d’Isonzo. «Occorre mantenere alta l’attenzione e soprattutto tenere sotto controllo la variante inglese nell’Isontino, che rappresenta un concreto pericolo, anche per i più giovani», ha spiegato ieri all’Ansa il presidente Massimiliano Fedriga. «Serve una capillare e vigile sorveglianza le misure per ridurre la variante inglese nell’Isontino, perché il diffondersi di questa forma di Covid rappresenterebbe un serio rischio per la tenuta del nostro sistema ospedaliero. Si tratta di un fenomeno che non bisogna in alcun modo sottovalutare e che comporta un concreto pericolo, anche per i più giovani. Quindi pur nella consapevolezza dei disagi determinati da provvedimenti come la chiusura di una scuola, occorre mantenere alta la prudenza».


L’IPOTESI
La variante inglese in Friuli Venezia Giulia - fatto salvo il caso isontino, per ora limitato nello spazio - secondo l’ultimo report non va oltre il 5 per cento dei contagi. Ma si teme che questa percentuale sia superiore, attorno al 20 per cento che rappresenta la media nazionale. Per questo tra gli esperti della regione sta circolando un’ipotesi in grado di spiegare anche la violenza della seconda e della (piccola) terza ondata: il ceppo britannico, secondo le teorie più accreditate a livello regionale, sarebbe infatti già in circolazione in Friuli Venezia Giulia dall’ultima parte dello scorso anno e sarebbe in parte responsabile degli ultimi due picchi dei contagi. Si pensa soprattutto e ancora alle aree di confine, come Sappada o la montagna pordenonese. Lì i contagi erano schizzati verso l’alto in modo quasi inspiegabile, costringendo la Regione a istituire zone rosse o vaste operazioni di screening tra la popolazione. Se si scoprisse che l’incidenza della variante è stata più elevata, ci si potrebbe sì attendere un rialzo dei nuovi casi, ma meno “esplosivo” rispetto a quello prospettato in un territorio prima non lambito dai ceppi più contagiosi. 

Ultimo aggiornamento: 16:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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