Dovevano essere i primi, assieme ai sanitari, a ricevere la terza dose. La priorità ai pazienti più fragili, costretti come in questo caso addirittura a letto, era stata stabilita e ribadita. Prima loro, poi gli altri. Ma non sempre è andata così. Anzi, il meccanismo si è nettamente inceppato, come testimonia la storia che ha voluto rendere pubblica attraverso il Gazzettino il pordenonese Alessandro Trentin. Il suo è un viaggio nell’assurdo, tra chiamate senza risposta, “rimbalzi” da un numero all’altro e un’attesa che dura ormai da novembre. Troppo.
IL RACCONTO
La protagonista del grave disservizio è la madre, una 87enne che vive in città e che da tempo è gravemente malata.
I TENTATIVI
Il figlio dell’anziana ha scelto poi di seguire una seconda strada, quella del medico di base. Niente da fare, purtroppo lo stesso risultato - nullo - ottenuto con l’Azienda sanitaria. «Il medico di famiglia - ha fatto sapere Trentin - ci ha detto che lavora ormai 12 ore al giorno e che non poteva occuparsi di questo caso. Siamo rimasti male per la seconda volta ma abbiamo pensato di rivolgersi anche alla Croce rossa». I volontari, quindi, che già altre volte (e anche di recente) si sono mossi dagli hub vaccinali per delle vere e proprie “missioni” sul territorio, alcune delle quali raccontate con tanto di fotografie. «Ma i volontari mi hanno detto che giustamente fanno quello che possono e che di casi come quello di mia madre purtroppo ce ne sono tanti». Morale, l’87enne rimane ancora senza terza dose dopo mesi di tentativi finiti nel nulla.
L’EPILOGO
C’è solo l’ultima soluzione, prospettata dal figlio della donna. «Credo di essere costretto a mettere mia madre su una carrozzina, chiamare un taxi attrezzato e raggiungere un hub vaccinale come ho fatto in occasione delle prime due dosi del vaccino, pagando la bellezza di 80 euro. In questo modo però esporrò una paziente estremamente fragile a rischi notevoli, anche legati al possibile contagio»