Covid, la mappa dei locali che ammettono di non chiedere il Green pass: c'è anche un ex stellato

Venerdì 11 Febbraio 2022 di Marco Agrusti
Un cartello contro il Green pass in una foto d'archivio
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Di mappe più o meno “clandestine”, nella giovane storia del Green pass se ne sono viste un po’.

Ma erano per usare un eufemismo poco affidabili, perché a compilarle erano i clienti, che segnalavano i locali nei quali - secondo la loro esperienza personale - non veniva richiesta la certificazione verde sanitaria. E non erano mancate nemmeno le querele dei titolari. Stavolta però è diverso, perché da qualche tempo esiste una vera e propria “bibbia” no Green pass. Si chiama Animap.it e la differenza con le versioni precedenti è enorme: sono infatti gli stessi esercenti a iscriversi e a segnalare la loro intenzione di non chiedere all’ingresso alcuna certificazione sanitaria ai clienti. Il problema, però, è che sulla stessa mappa ora si sono posati anche gli occhi delle forze dell’ordine. 


SUL TERRITORIO


In tutto il Friuli Venezia Giulia sono segnalati 105 siti nei quali non sarebbe richiesta alcuna prova legata al Green pass per l’ingresso o la fruizione dei servizi offerti, nonostante le regole ormai siano più che mai chiare ed estensive. Sono 36 i punti segnati in provincia di Pordenone e 46 in quella di Udine. I locali che restano sono distribuiti tra Trieste e il territorio goriziano. «Registrandosi ad Animap - si legge nella descrizione di ogni annuncio - questa azienda rinuncia espressamente alla presentazione dei documenti sanitari. Animap si basa sulla “buona fede” e quindi non garantisce il rispetto di questi principi etici». La mappa è interattiva e circola in quasi tutte le chat di riferimento per il variegato mondo no-vax della regione. 


LA VARIETÀ


Dentro, c’è davvero di tutto, dai ristoranti agli infermieri liberi professionisti che si sono inseriti sperando di trovare qualche lavoro in più in un momento particolare come quello attuale. E ancora dentisti, massaggiatori e massaggiatrici, terapisti, negozianti e baristi che si dichiarano apertamente contrari all’uso della certificazione sanitaria e che sbandierano questa convinzione pubblicamente. C’è ad esempio il maestro di Yoga che a Pordenone, in viale Lino Zanussi, ha inserito la sua attività tra quelle libere dal Green pass. Sul suo profilo Facebook, scorrono le immagini di Stefano Puzzer, leader dei portuali no-vax di Trieste, e delle proteste di ottobre. Poco più lontano, a Vallenoncello, “La Cucina naturale” di Angela Diomede. Anche nel suo caso il profilo è occupato dallo sgombero dei portuali di Trieste. Stessa linea. Compaiono anche casi noti, come il bar Municipio di Arzene già finito al centro della cronaca su queste pagine. In riva al Livenza ecco lo studio “In punta di dita”, che si occupa di unghie. Non mancano birrerie (Due Muri a San Giovanni) o infermiere libere professioniste come Paola Cescutti a Budoia. 

L'EX LOCALE STELLATO

Dopo averla persa, il ristorante La Taverna di Colloredo di Monte Albano, sta correndo per riprendersi la stella Michelin. Ma in epoca Covid, lo scivolone è dietro l'angolo. E balza all'occhio immediatamente il fatto di trovare un ristorante di quel calibro e così di grido in una mappa dedicata ai locali che non chiedono il Green pass sanitario.
Eppure è così, La Taverna c'è e nell'inserzione si ribadisce ancora la natura stellata del locale, anche se da un po' la prestigiosa guida ha congelato il simbolo dell'eccellenza. La conferma arriva al telefono, quando si prova a chiedere un tavolo. «Mi scusi, una domanda: vi ho visti sulla mappa. Posso venire a mangiare nel vostro locale senza il Green pass?». Segue un breve consulto con la titolare, perché l'interlocutore non si fida a dare una risposta del genere in prima persona. Un attimo dopo, torna al telefono e arriva la conferma. «Le rispondo in modo affermativo, potete venire a cena anche senza il Green pass».
E c'è anche una chiosa: «Ognuno da noi si prende le proprie responsabilità, in autonomia». Parlando di responsabilità, però, a venire meno in questo caso è quella di chi il Green pass lo dovrebbe controllare non certo da pochi giorni, ma ormai da molti mesi. È il caso dei ristoranti, che figurano tra le prime attività commerciali ad essere inserite nel novero di quelle frequentabili solamente con il possesso della certificazione sanitaria.
Ristoranti e alberghi, perché in Friuli c'è anche questo: lo chalet Alpi Giulie resort, nel paradiso naturale della Valsaisera. Sulla cartina è l'ultimo punto segnato prima del confine con l'Austria e la Slovenia. L'avamposto contro il Green pass del Friuli Venezia Giulia. Ovviamente al passo coi tempi, cioè su internet.


FRIULI CENTRALE


È ancora più variegata la panoramica che si può avere navigando la mappa in provincia di Udine. Si va dalla montagna al mare e in questo caso spiccano i ristoranti, come si vedrà nell’approfondimento in basso. Ecco solo qualche esempio. A Pertegada, a pochi chilometri da Lignano, è segnalato l’hotel ristorante “Bar Centrale”. Spostandosi poi nelle valli, si nota la farmacia San Michele, i cui titolari spiegano di «non escludere nessuno». C’è anche il caso della parrucchiera Linda di Attimis, sempre in provincia di Udine oppure Ricci e capricci (stesso settore) a Tarcento. A Feletto Umberto, alle porte del capoluogo, spicca il nome della biologa nutrizionista Marta Ciani mentre a Udine è segnalato il Twist bar in via Chisimaio. Il tutto alla luce del sole, su un sito raggiungibile da tutti. Anche da chi è preposto a controllare l’applicazione delle norme in vigore. 

Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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