Green pass al lavoro, scontro tra no-vax e sindacati: la Cgil sta con l'80% di vaccinati

Domenica 26 Settembre 2021 di Redazione
Un operaio al lavoro
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È iniziato un muro contro muro nel mondo del lavoro.

Anzi, i muri sono due, a braccetto dopo gli scontri che fanno parte della normale dialettica tra parti sociali: i sindacati e le industrie. Dall’altro capo del “telefono”, i lavoratori che non si sono vaccinati e che dal 15 ottobre rischiano di restare a casa senza stipendio a meno di sottoporsi a tamponi continui per ottenere i certificati temporanei. In questi giorni lo scontro si sta concretizzando, con un vero e proprio assalto (pacifico, si intende) ai sindacati da parte dei lavoratori no-vax. 


LE RICHIESTE


I dipendenti - siano essi impiegati nel settore privato o in quello pubblico - chiedono alle rappresentanze di scendere in campo e di iniziare una battaglia. Ma dall’altra parte c’è una posizione che punta alla tutela del lavoro, ma solo a patto che si riesca a mantenere anche la salute collettiva. «Che è il primo obiettivo di tutti», spiegano ad esempio dalla Cgil. Così fino ad oggi le rimostranze dei no-vax non hanno trovato terreno fertile. Ma quali sono le richieste specifiche che i sindacalisti si sentono recapitare sempre più spesso? In primis si parla ad esempio della gratuità dei tamponi. «Una questione che la Cgil ha sollevato - è spiegato - ma che il governo nel decreto non ha inserito». I test, quelli rapidi antigenici, costano infatti molto meno di un tempo (15 euro circa, prezzo calmierato) ma non sono gratis. 


TRATTATIVA


C’è la possibilità che siano le aziende, o ancora più in alto le associazioni datoriali a farsi carico del costo degli esami? È il secondo muro, perché i casi di imprese disposte a sobbarcarsi il costo del tampone ciclico per ogni dipendente sono più unici che rari. «Un confronto con la Confindustria sicuramente ci potrà essere prima del 15 ottobre - spiegano ancora una volta dalla Cgil - ma le posizioni in questo momento sembrano abbastanza rigide, dal momento che si è di fronte a un obbligo di legge». E non a iniziative private dei singoli datori di lavoro. Dall’altro lato della barricata, i dipendenti non vaccinati non ci stanno e chiedono insistentemente ai sindacati di «proteggere il diritto al lavoro di ognuno». Ed è proprio su questo concetto generale che si innesca l’ultima discussione di un quadro che nelle prossime settimane si farà verosimilmente sempre più acceso fino alla scadenza di metà ottobre. 


LA POSIZIONE


L’ala no-vax del mondo del lavoro chiede ai sindacati di tutelare un diritto, ma le associazioni dei lavoratori ragionano in questo momento a 360 gradi e guardano a un diritto più alto, complessivo: il lavoro, sì, ma in sicurezza. Dal momento inoltre che basta un tampone ripetuto per essere in regola comunque e ottenere un Green pass, seppur temporaneo. Ed è su questo tema che i sindacati stilano il loro “manifesto” che sarà virtualmente valido dal 15 ottobre. I capisaldi sono due: salute e lavoro, che devono marciare assieme. «Noi ci fidiamo della scienza come prima base - è il fondamento del ragionamento proposto dalle parti sociali - e ci sentiamo in dovere di difendere innanzitutto l’80 per cento dei lavoratoti, che correttamente ha scelto la vaccinazione per uscire dall’emergenza della pandemia. Le questioni di carattere sanitario fanno parte del bene pubblico. La mancata vaccinazione, va ricordato, non implica poi l’interruzione del rapporto di lavoro».

Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 12:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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