Il Friuli Venezia Giulia è terra di confine. È qui, più che in molte altre regioni, che si sperimenta sul campo l’efficacia del green pass - la certificazione entrata in vigore ieri per viaggiare in Europa - ed è soprattutto qui che si può misurare l’effettiva capacità della pratica di stare dietro alla teoria.
LE DIFFICOLTÀ
È bastata una ricognizione dei principali confini del Friuli Venezia Giulia, effettuata tra gli scorsi giorni e ieri (in entrambi i casi erano in vigore delle regole per l’ingresso in Italia dall’estero) per accorgersi di quanto sia difficile garantire il rispetto delle regole che stanno alla base del green pass europeo e nazionale. Prima, però, dev’essere ricordato come funziona il meccanismo di protezione che consente nuovamente di viaggiare in Unione europea. Il green pass, digitale o cartaceo, testimonia il completamento del ciclo vaccinale, la negatività a un tampone o la guarigione dal Covid. Lo possono richiedere le forze dell’ordine e i pubblici ufficiali, mentre solo in caso di eventi (stadi, palazzetti, concerti) è possibile che lo chieda anche l’organizzatore della manifestazione stessa. Per esempio, non lo può domandare un barista o il titolare di un ristorante. In corrispondenza delle frontiere, nello specifico, il potere di controllare il green pass appartiene in forma esclusiva alle forze dell’ordine e a nessun altro. Il problema è che i valichi del Friuli Venezia Giulia sono tanti. Quattro, quelli autostradali, ma decine quelli che invece si trovano su strade statali, ex provinciali o addirittura comunali. Il controllo di tutti i chilometri di confine, siano essi con la Slovenia o con l’Austria, è materialmente impossibile.
IL VIAGGIO
Si parte da Coccau, cioè dal valico autostradale che collega Tarvisio con la municipalità di Arnoldstein, in Austria. Oltreconfine la polizia austriaca è una presenza quasi costante. Basta fare meno di un chilometro e si viene introdotti nell’area della dogana. Lì scatta il controllo, sia per la vignetta autostradale che per il certificato vaccinale. A Ugovizza, cioè al primo casello-barriera italiano, invece, i controlli sono più saltuari. E passare è più semplice. Situazione leggermente migliore a Fernetti e a Rabujese (Trieste), dove però i blocchi sono focalizzati su un’altra emergenza, quella della Rotta balcanica. Il controllo sulle auto, quindi, è a dir poco sporadico. Va ancora peggio in corrispondenza dei valichi non principali. Ce ne sono tanti, troppi, sia in provincia di Udine che nelle aree di Trieste e Gorizia. Lì il passaggio senza controlli è praticamente assicurato. Il rischio, però, è che possa sfuggire il vero senso dell’introduzione del green pass, cioè la possibilità di viaggiare solamente in condizioni di sicurezza. E la possibilità che in ingresso si presenti (e passi) anche chi, provenendo da fuori Ue dovrebbe fare anche la quarantena, non è poi così bassa. Con tutte le conseguenze del caso.