Non sono "veri malati" ma entrano nei reparti Covid: due anni dopo il paradosso blocca gli ospedali

Giovedì 12 Maggio 2022 di Marco Agrusti
Un reparto Covid
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Reparti Covid permanenti, con quasi 200 posti “bruciati” in tutto il Friuli.

Cioè intere sezioni degli ospedali dedicate a una pandemia che la maggior parte degli esperti considera ormai già endemia. Cioè semi-normalità. Spazi sempre sigillati, con personale dedicato che viene drenato da altre attività importanti di tutti i poli medici del Friuli Venezia Giulia e che durante una giornata può occuparsi solo dei pazienti infetti. E tutto questo perché a Roma, al ministero della Salute, non si parla nemmeno più di quel cambiamento delle regole che potrebbe risolvere in poche ore la situazione. 


L’ALLARME


«Inevitabilmente - allarga le braccia il vicepresidente regionale e assessore alla Salute, Riccardo Riccardi -, le aree dedicate al Coronavirus devono essere mantenute». Al momento in Friuli Venezia Giulia ci sono in tutti i più grandi ospedali: Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste. Ogni polo medico principale è costretto a mantenere un’ala dedicata solamente ai pazienti che risultano positivi al tampone, indipendentemente dall’altra patologia di cui spesso soffrono. E i numeri dei ricoveri stavolta non sono crollati come nelle primavere passate, cioè quelle del 2020 e 2021. Da due mesi, cioè dall’inizio di marzo, la situazione è praticamente sempre la stessa: si viaggia tra 150 e 160 pazienti non gravi ospitati dalle aree Covid di Medicina. Il problema infatti non riguarda le Terapie intensive, che ormai non superano praticamente mai le dieci unità, quando le Aree mediche dove sono ospitate le persone senza sintomi gravi. Gli anni scorsi, invece, si era scesi anche a 20-30 pazienti Covid negli ospedali, soprattutto nel periodo estivo, con un solo polo regionale (a Trieste) per la pandemia. Questo fatto aveva dato respiro al personale e a tutto il sistema sanitario. Ma l’ingresso nel panorama della variante Omicron e delle sue “cugine” ancora più contagiose ha cambiato il quadro, con un contagio sempre mediamente alto anche se con pochi risvolti dal punto di vista clinico. Più contagiati, però, significa anche più tamponi positivi all’interno degli ospedali stessi, magari riferiti a pazienti che i sintomi del Covid non li hanno proprio ma che sono solo stati trovati positivi. 


IL PARADOSSO


La questione è proprio questa e la spiega bene lo stesso Riccardi: «In questo momento - rivela - in Friuli Venezia Giulia ci sono prevalentemente pazienti che sono stati trovati positivi al Covid ma che con la pandemia c’entrano poco o nulla. Vanno in ospedale perché devono sottoporsi ad altri interventi o trattamenti e scoprono di avere il virus perché sostengono il tampone di rito». Ed eccolo, il problema. Più volte, dal Friuli Venezia Giulia, è arrivata all’orecchio del governo l’urgenza di cambiare le regole e di prevedere il ricovero in area Covid solamente per i pazienti effettivamente affetti dalla malattia, cioè con i sintomi classici conosciuti ormai da due anni. Gli altri, cioè le persone solamente positive, potrebbero continuare il loro percorso ospedaliero normalmente, magari solo con qualche cautela in più. Una pressione, questa, che non è arrivata solo dalla politica, ma anche dai più importanti infettivologi che in regione dirigono le strutture di Malattie infettive negli ospedali. Un tema che però sembra essersi arenato e di cui nelle stanze del governo non si parla nemmeno più. «Non abbiamo più avuto notizie di cambiamenti all’orizzonte», ha confermato Riccardi. In questo modo, però, il sistema sanitario regionale continuerà a perdere operatori, dal momento che dovranno essere unicamente assegnati ai reparti Covid. 

Ultimo aggiornamento: 16:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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