Mascherine "sporche", percorsi non rispettati: tutti gli errori che hanno fatto entrare il virus nelle case di riposo

Mercoledì 17 Febbraio 2021 di Marco Agrusti
Una casa di riposo
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PORDENONE - Mascherine chirurgiche e non protezioni di tipo FFP2, ma soprattutto indossate senza seguire alla lettera i protocolli fondamentali emanati dall’Azienda sanitaria. Operatori che hanno commesso l’errore di spostarsi da stanze Covid a reparti “puliti”, scorrette procedure di lavaggio e riutilizzo degli abiti da lavoro. È un quadro ricco di problemi, quello che emerge nelle case di riposo a valle del picco della seconda ondata, che in provincia di Pordenone ha provocato più di 100 morti proprio nelle residenze per anziani. Ed è tutto scritto nei report degli esperti che per conto dell’Azienda sanitaria sono intervenuti ogni volta che in una casa di riposo è scoppiato un focolaio. Errori dettati spesso dallo stress e dalla tensione, nonché dalla paura di vivere costantemente al centro dell’emergenza. Ma pur sempre errori, che sono stati pagati a caro prezzo. 
PROTEZIONI
Si parte dai dispositivi di protezione. Nella prima ondata era comprensibile che non ci fossero, e allora nelle case di riposo ci si è arrangiati in alcuni casi anche con semplici pezzi di stoffa. Ma da settembre in poi la preparazione doveva essere diversa. Invece ciò che emerge dalla squadra speciale delle Rsa è un quadro diverso. Le testimonianze sono chiare: «Spesso - si apprende da fonti qualificate - ci siamo trovati di fronte a operatori sanitari che utilizzavano la stessa mascherina chirurgica per più giorni». Le indicazioni, invece, vogliono che la si cambi dopo ogni utilizzo. Le FFP2, fondamentali per proteggere e proteggersi in condizioni di rischio elevato, erano invece pochissime. Alla base anche una questione legata ai costi, che la maggior parte delle case di riposo deve sostenere senza aiuti. In tutta la seconda ondata, le mascherine più sofisticate viste nelle residenze sono state pochissime, e perlopiù riutilizzate in modo non corretto. 
PROCEDURE
Ma non basta una mascherina riutilizzata a spiegare (seppur in parte) l’esplosione del contagio nelle residenze per anziani. A saltare, in molti casi, sono state anche le procedure di sicurezza legate ai movimenti degli operatori sanitari all’interno delle singole case di riposo. Un esempio è fornito dal riuso dei camici speciali per i reparti Covid, che anche in provincia di Pordenone sono stati allestiti in molte strutture. In più di un caso gli esperti si sono accorti che al termine del turno di lavoro, gli abiti protettivi venivano igienizzati e successivamente riutilizzati il giorno successivo. Una procedura assolutamente non in linea con i protocolli di sicurezza dettati dall’Azienda sanitaria. Si tratta infatti di un vestiario monouso, che tale deve rimanere per ragioni di sicurezza. «In molti casi - si apprende - il problema è stato legato alla poca formazione del personale». In ospedale, infatti, le cose sono andate meglio, anche se i contagi sono penetrati comunque. 
Un altro punto da mettere in luce è quello relativo ai percorsi.

In una casa di riposo con all’interno un reparto dedicato a pazienti Covid, infatti, è fondamentale la separazione totale tra i cosiddetti “percorsi puliti” e quelli “sporchi”. Gli operatori devono essere separati tra i reparti, mentre in più di un caso è stato riportato come ci sia stata una commistione forse fatale, con membri del personale che si sono spostati da aree Covid a stanze con ospiti non contagiati. Una catena di piccoli errori che però ha facilitato l’ingresso del “nemico” nei luoghi più fragili, che ora fortunatamente possono godere della protezione del vaccino. 

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