L'oncologo Tirelli: «Verità e speranza ai malati di cancro, ma conta la prevenzione»

Lunedì 14 Agosto 2017 di Edoardo Pittalis
Umberto Tirelli
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AVIANO - «Certo che dico a un malato di cancro che cos'ha, ma la prognosi è più importante della diagnosi. In Italia ci sono tre milioni di malati di cancro, uno ogni venti abitanti, mille nuovi casi al giorno, ma la metà sono curabili. Non si deve parlare di malattia incurabile. Un milione e mezzo di persone si salvano definitivamente, la loro aspettativa di vita è uguale a quella delle persone sane. Al paziente devi dare sempre speranza, ci sono guariti che vivono male la loro guarigione perché hanno paura che il tumore ritorni».

Umberto Tirelli, 68 anni, primario dell'Istituto Nazionale Tumori di Aviano, è tra gli oncologi più conosciuti in Italia e tra i più importanti per produzione scientifica; volto noto anche per le partecipazioni a popolari trasmissioni tv, da Porta a porta di Vespa al Costanzo Show. Emiliano di San Martino di Rio, a Nordest è arrivato da militare come ufficiale medico.
Quando ha deciso di trasferirsi in Friuli?
«A Pordenone ho conosciuto il mio vero maestro, Eligio Grigoletto di scuola padovana. E' stato lui a indirizzarmi all'oncologia e a mandarmi a studiare a Stanford in California, dove ho capito i collegamenti tra scienza, medicina e umanità. C'era un profumo di scienza nuova che veniva dalla Silicon Valley e la presenza di alcuni premi Nobel che ti insegnavano prima di tutto a rispettare il paziente. Ho imparato a dare importanza ai pazienti dimenticati, anche per questo siamo stati tra i primi al mondo a curare i tumori degli anziani che venivano trascurati da ricerca e terapie».
Negli anni '80 eravate all'avanguardia per la cura dell'Aids
«C'erano medici in Italia che rifiutavano di curare i malati di Aids, noi abbiamo voluto dimostrare che non c'erano rischi e non li abbiamo isolati. L'Aids è stato il nostro campo di battaglia, per fortuna a metà degli anni 90 nuove medicine hanno trasformato una malattia mortale in malattia che si può curare bene».
Voleva fare il medico da bambino?
«Volevo fare il professore di lettere, ho cambiato idea il giorno prima di scegliere la facoltà. Avevo tre zii preti, io stesso sono stato in seminario fino a metà del liceo, poi ho capito che quella non era la mia vocazione, forse pensavo di diventare un calciatore di talento. Ma mi era rimasta come una specie di voglia di fare qualcosa per gli altri».
Lei è ad Aviano dalla nascita del Centro?
«Sono 33 anni che sono qui. Ma questo non è nato come Centro per la cura dei tumori, doveva essere un ospedale per le malattie vascolari, c'era anche la piscina per la riabilitazione, proprio dove oggi c'è la sala riunioni. Il progetto fu cambiato in corsa, sono stati determinanti il parere di Umberto Veronesi e la spinta dell'associazione Via di Natale che sollecitava un centro per lo studio dei tumori in Friuli. Qui si è sviluppata una ricerca che coinvolge tanti giovani che purtroppo da ricercatori hanno un futuro precario. Ne abbiamo 200, molti con borsa di studio in attesa di proroga. Siamo 600 dipendenti, cento medici, 150 posti letto, i pazienti vengono da tutta Italia, la metà dal Friuli, un trenta per cento dalle regioni del Sud».
Si è fatto conoscere per la Sindrome di Stanchezza Cronica: che cos'è?
«Rientravo dagli Usa in aereo e mi è capitata tra le mani una rivista che parlava di questa malattia che colpiva milioni di americani e non si sapeva come curarla. Mi sono messo a studiare e ho scritto della ricerca su un mensile italiano: spossatezza, dolori articolari, gente che non riusciva più a lavorare. In poco tempo un mare di italiani si è riconosciuto nei sintomi, è diventato un caso e il Costanzo Show ha dedicato una puntata, forse con l'idea di prendere in giro me e la storia. Ma avevo un paziente molto famoso, l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che era appena guarito da un tumore. Mi chiamava giorno e notte, non era depresso, era proprio il paziente tipo della sindrome. Nel '91 i malati si sono raccolti in un'associazione tuttora attiva. Il trattamento migliore è l'ozonoterapia che consiste nel produrre l'ozono dall'ossigeno. Si ha un ossigeno super che messo nel sangue è un potente energetico, antinfiammatorio, antinfettivo. E' usato abbondantemente dagli atleti perché non è un ormone, è una droga naturale che viene accettata, basta che non la fai in vena. Potrebbe fare bene a tutti, ma elimina tutti i farmaci e chiaramente non è una terapia benvoluta dal business».
Cosa conta nella cura dei tumori?
«La prevenzione: prima arrivi e meglio è. Poi: fare una vita giusta, abolire il fumo, non abusare di alcol, mangiare bene e non troppa carne, non ingrassare in maniera sbagliata. La dieta mediterranea è una gran cosa. E' importante la diagnosi precoce: il pap test e la mammografia per le donne, la colonscopia per gli uomini, l'analisi del sangue occulto nelle feci perché i tumori del colon sono 50 mila ogni anno e si potrebbe diminuire la mortalità. Ma in Italia disturba anche solo la parola, in tv non sono mai riuscito a pronunciarla, un attimo prima scatta il consiglio per gli acquisti. Poi le terapie, la chirurgia, i farmaci. Abbiamo la novità assoluta dei farmaci immunologici, li usiamo soprattutto nel melanoma:danno benefici importantissimi».
Perché tante polemiche su vaccini?
«Perché è facile falsificare e trovare l'amplificatore sui media. Come per l'autismo che ha origine genetica e quindi non ha niente a che vedere con il vaccino. Le malattie infettive portano conseguenze micidiali, a incominciare dal morbillo. Anche noi medici siamo un po' troppo integralisti: meglio dire che tra rischio e beneficio, il beneficio è enormemente in vantaggio. Usiamo l'automobile, è un rischio, ma i vantaggi sono decisamente superiori. Su un milione di persone che vaccini può esserci qualcuno che ha dei problemi immunologici, però tutti gli altri hanno vantaggi. Tutte le medicine comportano qualche rischio, la penicillina è un classico. Col vaccino per Hpv si eliminano tutte le infezioni che causano tumori all'utero, alla vagina, all'ano Se i ragazzi lo facessero a 12 anni, siamo sicuri che la loro generazione avrà pochissimi tumori del genere».
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Ultimo aggiornamento: 17 Agosto, 11:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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