Michele, pasticcere disperato, scrive a Fedriga: "Ho mandato a casa 12 collaboratori. Natale compromesso, c'è chi ha pianto"

Martedì 17 Novembre 2020 di Marco Agrusti
Il pasticcere Michele Tosolari
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PORDENONE - Dice di aver scritto quelle parole «di getto», «in un momento di sconforto». Rimangono però scolpite a memoria di chi un giorno leggerà la pandemia non solo attraverso i numeri dei contagi, ma calcolando anche le altre “vittime”, quelle delle chiusure e della crisi. Quelle parole sono una lettera, affidata a Facebook e indirizzata al presidente Massimiliano Fedriga. Le ha scritte Michele Tosolari, titolare dell’Artigiana di Fiume Veneto.

«Spettabile governatore,

le scrivo con molta amarezza. Sto cercando di capire come gestire questo cambio di colore che ai più forse cambierà poco. Per la nostra attività però è un grosso problema. Sono qui a decidere chi e per quanto tempo dovrò lasciare a casa dei miei 12 collaboratori, ognuno con una storia. C’è chi ha un mutuo, chi l’affitto da pagare, chi è appena andato a convivere. Con il solo asporto - prosegue il messaggio - posso far lavorare una o due persone oltre a me. Non possiamo sopportare questi continui cambi repentini, con nessuna certezza per le prossime settimane. Forse riapriremo il 3 dicembre, ma forse no. Per noi, che siamo titolari di una pasticceria, il Natale è già compromesso. E allora la decisione non sarà più legata a chi mettere in cassa integrazione, bensì se riaprire o meno l’attività stessa. Abbiamo dimezzato i posti a sedere, abbiamo messo un semaforo per contingentare i flussi, abbiamo fatto tutto quello che ci era stato richiesto».

Infine un appello: «La prego di intervenire per quanto possibile, perché così siamo alla frutta». 


LA PAURA
Michele Tosolari ha la voce tremolante. «Il divieto di spostarsi da un Comune all’altro della provincia - ha spiegato ieri a margine dello sfogo inviato al presidente Fedriga - per noi è come una mannaia. Abbiamo sempre lavorato con persone da fuori, da tutta la provincia».

Poi è tornato sulla dolorosa decisione di lasciare a casa la maggior parte dei propri collaboratori. «C’era chi aveva il nodo in gola, chi invece piangeva. Calcolate - spiega - che loro hanno preso l’ultima cassa integrazione un mese fa. Ora probabilmente non riceveranno granché». Poi il pasticcere di Fiume Veneto si è soffermato sulle prospettive (poche) offerte dalla situazione attuale, che sembra portare solo incertezza.

«Parlo del Natale - va avanti - che noi pasticceri iniziamo a “creare” proprio in questo periodo. Ma come facciamo, senza un orizzonte? Ordiniamo lievito e burro per poi lasciarlo in magazzino? La mente torna alla scorsa Pasqua, cancellata dal lockdown. Abbiamo ancora duemila colombe, mai vendute. Gli ordini si devono finalizzare adesso, ma non sappiamo come fare. Un blocco di tutte le commesse sarebbe letteralmente devastante. E le consegne che si possono fare anche in questa fase non bastano di certo». 

Ultimo aggiornamento: 18 Novembre, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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