Manager friulano con moglie cinese: «Non torno, non la lascio qui»

Martedì 4 Febbraio 2020 di Susanna Salvador
Marco De Bonis
PORDENONE - Lavora in Cina da quasi vent'anni Marco De Bonis, libero professionista specializzato in servizi di internazionalizzazione originario di San Quirino, in provincia di Pordenone. «Non c'è nessuno per strada nemmeno qui - racconta descrivendo un panorama surreale come quelli che da giorni svelano le difficoltà di un Paese costretto a fare i conti con una grave emergenza sanitaria -, gli uffici sono chiusi e chi esce indossa sempre le mascherine». Il manager vive a Dalian in provincia di Liaoning, a un'ora di aereo da Pechino, con la moglie cinese e la figlia di 5 anni. «A Wuhan vivono i miei suoceri - spiega -, sono intrappolati al momento. Li avremmo dovuti raggiungere in tempo il 24 sera per festeggiare il capodanno, invece... Stanno bene, ma un loro parente è morto per il Coronavirus». 

L'EMERGENZA
Anche Dalian è una città fantasma, nonostante i suoi sei milioni di abitanti. Se ne stanno tutti chiusi in casa e, come non bastasse l'emergenza sanitaria, i residenti ora sono costretti a fare i conti con la scarsità di approvvigionamenti. «I negozi non hanno merce - prosegue De Bonis -, stanno usando le scorte e non sono per ora attesi nuovi rifornimenti». Dhl non lavora ancora, quindi è impossibile farsi spedire qualsivoglia prodotto o oggetto dall'Italia o da altri Paesi. «Non si possono trovare nuove mascherine, gel disinfettante per le mani. Ci siamo aiutati tra vicini di casa», svela il manager che collabora con il Gruppo Brillance (produttore di auto), la cui divisione di Dalian rimarrà chiusa fino al 10 febbraio. Ma subito tranquillizza, «Stiamo bene, abbiamo scorte di cibo e posso parzialmente gestire il mio lavoro da casa».

NATALE IN ITALIA
Marco De Bonis ha trascorso le vacanze natalizie in Italia, dove ha altri 4 figli da precedenti unioni. «Ma abbiamo deciso di rientrare il 21. Sfortuna vuole che la bomba mediatica è scoppiata il giorno dopo, quando eravamo già a Pechino». Il manager ha cancellato i voli per Whuan, «per fortuna l'ho fatto», dove vivono i suoceri ed è tornato subito a Dalian. «Tecnicamente io potrei ancora tornare in Italia - afferma -, non con voli diretti visto che sono stati cancellati per tre mesi, ma da altre capitali europee. Poi al mio arrivo dovrei seguire la stessa trafila di quarantena che stanno seguendo gli italiani sbarcati a Roma». Ma sua moglie è cinese e la bambina è italiana ma con mamma cinese residente in Cina. «Non possono uscire da qui, quindi io rimango con loro. Sentirò l'ambasciata per capire se ci sono soluzioni. Anche se non sono convinto di lasciare i miei suoceri da soli. È una situazione difficile».

I TEMPI DELLA SARS
De Bonis era in Cina anche ai tempi della Sars. «All'epoca vidi una reazione meno responsabile del Governo vista la tardiva notifica agli altri Paesi, e anche della popolazione che non indossava la mascherina. E questo anche se la malattia era più pericolosa. Oggi il Governo si è mosso bene e in fretta e i cittadini hanno risposto altrettanto responsabilmente». Il manager racconta che note informali sul web parlano di quasi 100mila contaminati. «Secondo gli esperti la curva della diffusione del virus dovrebbe flettere verso l'8 di febbraio. Staremo a vedere. Purtroppo molte delle vittime a Wuhan sono morte in casa senza cure, perché gli ospedali sono stracolmi. Per questo la prima urgenza è stata quella di costruirne due nuovi a tempo di record».

L'APPELLO
Oggi anche una potenza economica come la Cina è allo stremo a causa del Coronavirus, costretta a fare i conti con le frontiere chiuse e con le scorte di medicinali, e non solo, sempre più esigue. «Mi sto organizzando per creare un ponte di solidarietà attraverso l'organizzazione umanitaria di cui faccio parte - spiega De Bonis -; qui serve tutto. Tutto. La Cina ha chiesto esplicitamente aiuto. C'è bisogno di tutti perché mancano ad esempio mascherine e gli scaffali dei negozi sono sempre più vuoti».
Susanna Salvador
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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