Il Coronavirus fa a pezzi il calcio dilettanti: tante società non riusciranno più a ripartire

Mercoledì 27 Maggio 2020 di Cristina Turchet
Il Coronavirus fa a pezzi il calcio dilettanti: tante società non riusciranno più a ripartire
PORDENONE - Primo semestre 2020 da dimenticare, e il futuro continua ad essere a tinte fosche. Il Covid 19 ha piegato mezzo mondo ed è sotto gli occhi di tutti cosa ha lasciato per strada al suo passaggio. Attività economiche in seria difficoltà, scuole di ogni ordine e grado con i battenti sprangati per arrivare al mondo sportivo che ha subito la medesima sorte. Una pandemia senza uguali, c’è ben poco da girarci intorno. E chissà quando si potrà tornare alla normalità. Il pianeta calcio, e non solo quello, a livello di dilettanti è al palo d’imperio. Campionati cristallizzati all’ultima domenica di febbraio e definitivamente chiusi nell’ultimo consiglio di Lega. Adesso, in attesa delle decisioni che arriveranno a inizio giugno e che riguarderanno salti ed eventualmente passi del gambero, lo sguardo è proiettato all’ormai prossima stagione. Se questa, che è appena andata giocoforza in archivio, sarà ricordata per parecchio tempo la prossima lo sarà ancor di più. Impossibile, almeno allo stato attuale, dire che ad agosto (periodo di preparazione) ci si potrà ritrovare per tornare a correre e stare assieme. O se, invece, si riapriranno i battenti nel 2021 come da più parti si vocifera.

BAGNO DI SANGUE
Intanto è un bagno di sangue. Le società, adesso come adesso, più che a pensare ad allenatori, staff tecnico in generale, giocatori da trovare per puntellare i reparti visti essere in sofferenza, stanno guardando ai bilanci per poter stimare l’eventuale budget a disposizione. Non è poi escluso che qualche sodalizio alzi bandiera bianca. Di certo, non si ride. Anzi si piange. Ci sono appuntamenti saltati, magari quando tutto era già pronto per partire, come è capitato a Tamai con la tradizionale “sagra della Renga” che è pure una delle maggior entrate per la società delle “Furie Rosse”. Ce ne sono altri come la festa della Burida neanche approntata. Tutto sospeso in anticipo per evitare di pagare il noleggio delle strutture per niente. Ci sono tornei che, solitamente caratterizzavano l’estate di tanti e tanti ragazzini in giro per l’intera provincia, andati letteralmente nel dimenticatoio a Provincia con un malinconico “vedremo più avanti”. Tutte fonti di sostentamento per i sodalizi. Non che si facciano i milioni o che i dirigenti si arricchiscano. L’utile è tale solo perché attorno si muove il silenzioso mondo del volontariato. Ossia la risorsa basilare per poter tirare avanti.

SPONSOR
Ci sono poi altri capitoli aperti. A cominciare dalle sponsorizzazioni. Quegli amici silenziosi che, anche se con poche centinaia di euro, comunque contribuiscono. Adesso è impensabile tirarli per la giacca, hanno ben altri problemi da risolvere. A cominciare, magari, dal garantire il posto di lavoro ai dipendenti o – nella peggiore delle ipotesi – a trovare il modo per non chiudere l’attività. Ci sono poi gli impianti sportivi da tenere in ordine. Se è vero che non si gioca, l’erba dei campi deve essere comunque tagliata con regolarità e – visto che siamo a ridosso dell’estate – pure bagnata oltre che concimata. Spese, sui spese per l’ordinaria manutenzione. Continuando la lista ecco il capitolo dei canoni di locazione già saldati alle varie amministrazioni comunali, proprietarie degli impianti dati poi in gestione alle società. Anche in questo caso l’utilizzo è monco.

LE PALESTRE
Da ultimo le palestre. Non quelle private che hanno appena riaperto, ma quelle comunali che – come tutti gli impianti sportivi – sono date in gestione alle società. Sono chiuse e i presidenti, vista la spada di Damocle sulla testa che si presenta sotto le mentite spoglie della responsabilità oggettiva, di fatto le tengono chiuse. Gli attuali protocolli sanitari da seguire per evitare di trovarsi davanti alla giustizia ordinaria, sono impossibili da mettere in atto. A cominciare dalla sanificazione giornaliera degli ambienti e degli attrezzi. Per non parlare dell’obbligo della distanza sociale, dell’uso comunque delle mascherine, del numero aumentato di istruttori e via di questo passo. Non ci resta davvero che incrociare le dita e sperare che al ritorno della normalità non ci siano altri grossi problemi da affrontare. In primis quelli legati al come ritorneranno soprattutto i bambini che hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto della “reclusione” e adesso della semi libertà.
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