Coronavirus, la rivolta dei baristi pordenonesi: «Con le nuove regole è meglio rimanere chiusi»

Sabato 25 Aprile 2020 di Lara Zani
Coronavirus, la rivolta dei baristi pordenonesi: «Con le nuove regole è meglio rimanere chiusi» (Foto di Pexels da Pixabay)
PORDENONE - Quali saranno esattamente le misure da adottare ancora non si sa, né da quando le serrande dei locali pubblici potranno rialzarsi. Quel che è pressoché certo è che il distanziamento obbligatorio – comunque lo si realizzi – si tradurrà inevitabilmente in un “taglio” a tavoli e coperti, e dunque in un calo degli introiti. Una ripartenza, insomma, non certo a pieno regime, che seguirà due mesi e più di lockdown. Mentre l’iniziativa del titolare del Portorico Andrea Esposito di aderire al flash mob in programma mercoledì pare destinata a raccogliere un buon numero di adesioni fra gli operatori del settore pordenonesi, a esprimere preoccupazione è anche Silvano Stocca, vicepresidente di Ascom Fipe e titolare del Caffè Nuovo di via Mazzini. Tutto ruota in particolare attorno alla questione del distanziamento. Che, se all’aperto può essere di un metro, all’interno dei locali sembrerebbe dover raggiugere i due. Una differenza non da poco per lamaggior parte dei bar.

LE DISTANZE
“Con tavolini di 70 centimetri per 70 – spiega Stocca – la distanza di un metro può essere tranquillamente garantita, a condizione naturalmente che gli avventori non si sporgano in avanti appoggiandosi al piano. Se i metri diventano due, la situazione cambia completamente e diventa inevitabile eliminare dei tavoli. La riduzione della capienza potrebbe essere del 50 per cento e, con una riduzione di questo tipo, c’è tanta gente che si dovrà porre il problema se riaprire o meno. E se la clientela diminuisce, come si può pensare di riaprire mantenendo invariato il livello occupazionale?”. Altra questione è quella che riguarda il servizio al banco. Nella prima fase delle restrizioni, infatti, il decreto del Governo aveva imposto di servire solamente i clienti al tavolo e di non effettuare invece servizio al bancone. “Ma se la distanza prevista fosse di un metro – continua il vicepresidente della Fipe Pordenone – il banco sarebbe sufficiente a garantirne il rispetto. Il caffè al banco è un appuntamento per molti importante ed è una “toccata e fuga”: non può certo sottostare alle regole che si stabiliranno per la ristorazione”.

IL PELEXIGLASS
Per i ristoranti, appunto, ha fatto discutere l’ipotesi delle barriere in plexiglass a dividere i commensali: “Ma la ristorazione è un momento conviviale che, in questomodo, non ha più senso. Senza contare che spesso a tavola si ritrovano coppie e famiglie che già vivono a stretto contatto: che senso ha allontanarli a tavola e imporre ai titolari delle attività di controllare?”. C’è poi l’incognita legata all’afflusso di gente: “Magari – continua il titolare del Caffè nuovo – nei primi giorni della riapertura ci sarà un clima di euforia e le persone avranno voglia di ritrovarsi nei locali, se lo potranno fare. Ma poi si dovrà fare i conti con il fatto che molti hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione, e non hanno dunque tanti soldi da spendere. E anche con la paura che forse si continuerà ad avere”. L’ipotesi che pare profilarsi in questo momento è quella di una riapertura fissata per il 18 maggio: “La gente ha capito l’importanza dellemisure di sicurezza. Ora si dovrà, secondo me, mantenere per un certo periodo limitazioni come quella del metro di distanza, ma cercare anche di tornare a una vita quanto più possibile normale. E non si possono fare per Pordenone le stesse valutazioni che si fanno per Bergamo o per la Lombardia, quando ci troviamo in una situazione completamente diversa. La si valuti e si diano delle linee generali per operare”.

LA BUROCRAZIA
Infine, anche i titolari dei locali pubblici devono fare i conti con la burocrazia che rallenta gli aiuti previsti: “Ci sono banche che dal 13 aprile hanno messo a disposizione i moduli per presentare le domande previste dal Decreto liquidità, ma a tutt’oggi non ci sono risposte. Analogamente, per la cassa integrazione in deroga non è stata prevista una semplificazione delle procedure che le renda più veloci”. Insomma, con queste regole una buona parte dei baristi e dei ristoratori potrebbe decidere di restare chiuso.
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