Il console onorario russo: «Volevo pace e amicizia, adesso mi sento sotto attacco»

Mercoledì 2 Marzo 2022 di Marco Agrusti
Carlo Dall'Ava

Nel 2015, all’inaugurazione del consolato onorario di Udine, c’erano tutti.

L’allora presidente della Provincia (oggi sindaco) Fontanini ma soprattutto l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia Sergey Razov. Il console onorario, l’imprenditore dei prosciutti Carlo Dall’Ava, era omaggiato, ringraziato, lodato per aver «sviluppato i rapporti tra due Nazioni amiche». Parole dell’ambasciatore di Mosca. Foto, strette di mano, abbracci. Poi, in un febbraio di fine pandemia, è cambiato il mondo. Lo sfratto da palazzo Morpurgo del consolato onorario, gli attacchi, fino alla sospensione delle attività. Tutto cancellato dalla guerra. Lontana e vicina. “Loro” e nostra. Fino a quando proprio il console Carlo Dall’Ava (che la sua carica non l’ha persa o rimessa) non ha rotto il silenzio. 


Dall’Ava, partiamo dalla stretta attualità. Oggi il consolato onorario funziona ancora?
«Proprio 24 ore fa ho parlato con il presidente della Confcommercio Giovanni Da Pozzo. Ho sospeso le attività consolari. Voglio puntualizzare: noi siamo un consolato onorario, non facciamo visti, ma cultura e integrazione». 


I cittadini russi che vivono in Friuli Venezia Giulia hanno perso un riferimento?
«Quando mi hanno chiesto di rappresentare i circa 1.500 residenti russi nella nostra regione ho accettato subito. Ora l’unico contatto che abbiamo è quello delle mail che ci arrivano. Sono russi che vivono in Friuli che ci scrivono: la maggior parte di loro invia messaggi di protesta per la situazione che si è venuta a creare nei confronti del loro popolo, ma c’è anche chi solidarizza con noi, con il consolato». 


È calata una nuova cortina di ferro?
«Quando mi sono insediato, pensavo a un obiettivo di lungo periodo: un riavvicinamento tra Italia e Russia, con la possibilità di viaggiare addirittura senza visti. Non mi sarei mai aspettato una guerra. Non mi aspettavo nulla del genere. È stato un fulmine a ciel sereno».


Ora parlano purtroppo solo le armi. E il mondo dà la colpa a Putin...
«Nessuno può realmente capire il presidente Putin. Fa quello che decide di fare, questo è certo. Noi siamo contrari alla guerra, sempre e comunque». 

Una guerra che però sta mettendo a rischio anni di lavoro per riavvicinare Italia e Russia. Che futuro ci aspetta?
«Io sono italiano, punto. Siamo contro la guerra a prescindere. Siamo tutti esseri umani. Condanniamo la guerra, ma allo stesso tempo aspettiamo che passi. Pronti a ricostruire quello che era stato creato. Anche tanti russi non vogliono le armi, non vogliono il conflitto». 

La via diplomatica è impossibile?
«Tutti vogliono via diplomatica e non la guerra? Allora se chiudi le sedi diplomatiche non mi sembra la via giusta da percorrere». 

Allude anche agli attacchi che ha ricevuto?
«Se qualcuno dà colpe a me non ha capito nulla. Io in questa vicenda sono stato usato per la politica del territorio». 

Si è sentito scaricato?
«Solo da alcuni personaggi, non da tutti». 

Solo l’anno scorso lei lanciò l’idea di invitare Vladimir Putin per una vacanza in Friuli. Parole che oggi suonano stonate. Cosa intendeva?
«Non era un reale invito. Mi chiesero cosa ne pensassi, e dissi che la Val Resia, con il suo dialetto russofono, poteva essere un’ottima destinazione». 

Sarà impossibile anche in futuro questa idea?
«Io confido sempre nel genere umano, quindi dico che non sarà impossibile. Che si tratti di Putin o no. Le relazioni continueranno, tornerà il dialogo anche con Mosca». 

Oggi però la guerra è aperta, e invade anche l’economia...
«E anche tanti imprenditori friulani avanzano dei soldi dalla Russia. Ora andrà peggio. Per quello dico che da questo punto di vista il console onorario è a disposizione per dare una mano». 

Ultimo aggiornamento: 08:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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