Sempre meno negozi di vicinato, il Friuli tra le regioni più in crisi d'Italia: nessuno vuole più aprire

Domenica 12 Febbraio 2023 di Marco Agrusti
Un negozio chiuso

A livello nazionale, secondo lo studio di Confesercenti, l’anno scorso ogni ora sono spariti due negozi. È tanto, ma è un dato grezzo.

Quello che più spaventa, perché si tratta di un’analisi più dettagliata, è il quadro regionale del momento che sta vivendo il commercio. Il Friuli Venezia Giulia, infatti, è sul podio del Paese. Ma non c’è nulla da festeggiare, perché si tratta di una di quelle classifiche da leggere “al contrario”. Ed essere tra i primi tre significa far parte del gruppo dei peggiori. 


L’ANALISI


«Creare un’impresa? Nel commercio al dettaglio è un sogno sempre più difficile da realizzare», è il laconico incipit della Confesercenti nella presentazione della congiuntura del settore commerciale. Sul bilancio generale, infatti, pesano non tanto le chiusure - che pur ci sono - quanto le mancate aperture di nuovi esercizi commerciali. In poche parole, è sempre più difficile vedere un pronto rimpiazzo per un negozio che abbassa la serranda. Ed è una dinamica, questa, che si sente in particolar modo nella nostra regione, tra le più colpite da quella che la Confesercenti chiama «desertificazione commerciale». In termini relativi, infatti, la perdita peggiore di attività commerciali nel corso dell’anno scorso è quella registrata dalle Marche, dove il calo percentuale delle imprese del commercio attive, rispetto al 2021, è del -8,8%: quasi una su dieci. Seguono però il Friuli-Venezia Giulia (-4,7%, meno 332 imprese) e Molise (-4,4%). Tra Trieste, Gorizia, Pordenone e Udine, quindi, è stato registrato il secondo peggior dato di tutto il Paese. 


IL DETTAGLIO


Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità è calato, rispetto al 2012, del 14,3% circa. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, ormai, ci sono solo 6,9 imprese del commercio ogni mille abitanti; in Friuli-Venezia Giulia 7,8, e in Lombardia 8,4. Nelle regioni del Sud il tessuto del commercio resiste un po’ di più, in particolare in Campania (19,7 imprese ogni mille abitanti), Calabria (18,7) e Sicilia e Puglia (entrambe con 15,1). E anche in questo caso la nostra regione è quella che presenta il secondo peggior dato di tutta Italia. «La ripartenza post-pandemia non è riuscita a infondere nuovo slancio alle piccole imprese del commercio al dettaglio. Aprire una nuova attività di commercio di vicinato, in un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell’online, è sempre più difficile: ed i neo-imprenditori, semplicemente, rinunciano, come evidente dal calo delle nuove aperture, inferiore addirittura all’anno della pandemia», ha spiegato Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. «A rischio c’è il pluralismo del sistema distributivo e il servizio ai cittadini: proprio l’anno della pandemia ha dimostrato il valore della rete dei piccoli negozi – dagli alimentari alle edicole – per la popolazione. Occorre aiutare le piccole superfici di vendita a inserirsi nel mercato e a restarci. Innanzitutto, puntando di più sulle politiche attive, a partire dalla formazione imprenditoriale e dal tutoraggio delle start-up da parte delle associazioni di categoria. Ma servirebbe una spinta anche sul piano fiscale, con un regime agevolato per le attività di vicinato». 

Ultimo aggiornamento: 12:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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