Sai cos'è la minestra jota? In Friuli le hanno dedicato un festival

Sabato 24 Febbraio 2018 di Paola Treppo
Preparazione della minestra di jota
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GORIZIA - Sai cos'è la minestra jota? In Friuli Venezia Giulia le hanno dedicato un festival. Speciale evento gastronomico a Gorizia, infatti, questo fine settimana con la Jota Fest, la festa della jota, una minestra tipica soprattutto delle zone confinarie della regione. La si può assaggiare alla fiera Expomego, in programma oggi, sabato 24 febbraio, e domani. 

​Tutte le varianti 
​La Jota si differenzia da luogo a luogo per una serie di circostanze favorevoli o avverse alla gente che la consumava. Era fatta di niente nei paesi più isolati e, di conseguenza, più poveri; con ingredienti diversi e più sostanziosi e nutrienti nelle zone dove la terra lo permetteva. La Jota diventava perfino una pietanza ricca e ricercata in alcune zone che la storia aveva privilegiato, come il Goriziano e il Tergestino in cui è riconoscibile l'influsso determinante della cultura mitteleuropea che si respirava nelle due città suddite dell'Impero autro-ungarico. Piatto tipico della Venezia Giulia, la Jota è diffusa anche nel litorale sloveno, in Carnia, nella zona di Tolmino e in quella di Caporetto.

Data in elemosina 
Alcuni studiosi ipotizzano che la jota come minestra sia nata grazie all'elemosina delle classi più abbienti. Gli ordini religiosi per ricorrenze, i nobili generalmente per assolvere alle disposizioni testamentarie distribuivano, in cimitero, terminato il rito funebre, una minestra composta di frumento e fave con il condimento, ossia con un po’ di carne in aggiunta. Forse questa è l'origine della jota.

​Una minestra fatta "di niente"
L’etimologia del nome è controversa. La parola potrebbe fare riferimento al fatto che la "iota" è la più semplice lettera dell’alfabeto greco e nel linguaggio comune dire "uno iota" significa “un bel niente”. E nulla osterebbe, in secondo luogo, al fatto che il termine possa derivare dal tardo latino "jutta", brodaglia, beverone, che parrebbe a sua volta avere origine da una radice celtica, che lo studioso Gianni Pinguentini nel suo “Dizionario storico etimologico fraseologico del dialetto triestino”, del 1954, indica molto probabile. A ogni modo, dalle parti del golfo giuliano le contaminazioni lessicali, romane, celtiche, greche, slave, germaniche, francesi, dalla toponomastica alla culinaria, sono infinite.

Meglio mangiarla d'inverno
L’inverno è la stagione per la Jota, considerata tradizionale zuppa di recupero a base di fagioli, crauti, "capuzi garbi", o meglio cavoli cappucci, patate e carne. Questi gli elementi base e imprescindibili della jota. Ma non è tutto: nelle diverse preparazioni si possono aggiungere l’orzo e le patate, che sono entrate a pieno titolo nella ricetta dopo la loro introduzione in Europa, e soprattutto un po’ di carne di maiale prevalentemente affumicata per conferire alla zuppa quel tipico aroma da focolare domestico. Bontà, storia e cultura oltre le frontiere e i confini, a testimonianza che più d’ogni altro elemento il cibo aggrega i popoli e offre loro il piacere di star bene assieme.

Oggi è un piatto da chef
In fiera, per l’inaugurazione di Expomego, l’incontro confronto fra culture diverse si traduce nella presentazione e degustazione di ricette tipiche italiane e slovene della Jota: Davide Morsolin, noto chef isontino, interpreta la jota nella ricetta triestina con i capuzi e in quella delle Valli del Natisone con la brovada. Due le varianti slovene proposte dallo chef Matej Vodan della trattoria Ošterija Žogica di Solkan che utilizza rape, patate, fagioli, pancetta e salsiccia.

​Dove assaggiarla 
La Jota potrà essere degustata ogni giorno dai visitatori di Expomego nell'area di ristoro del padiglione D dove sarà possibile assaggiare anche il goulash, palacinke e strudel, prodotti che hanno caratterizzato la passate edizioni di Expomego.

Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 09:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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