Da Claut alla Carnia, ecco come funzioneranno i tamponi a tappeto che scoveranno i contagi nei comuni più colpiti del Fvg

Lunedì 23 Novembre 2020 di Marco Agrusti
La mappa dei contagi in Fvg

PORDENONE E UDINE - Nessuna zona rossa locale, nessun comune finirà in lockdown. Il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, ieri sera ha innestato la retromarcia, virando verso una soluzione completamente diversa da applicare alle aree del Friuli Venezia Giulia maggiormente interessate dal contagio: si procederà a una maxi-operazione che consisterà nell’imitazione del modello già attuato in Alto Adige: la popolazione di sei comuni della regione sarà sottoposta a tampone, con l’obiettivo di scattare una fotografia della diffusione dell’epidemia nei singoli territori. 
LA MAPPA
In provincia di Pordenone i paesi interessati sono due: Castelnovo del Friuli (834 abitanti e 18 positivi) e Claut (887 abitanti e 12 positivi); si sono “salvati” Maniago e Cavasso Nuovo. In provincia di Udine il tracciamento a tappeto sarà effettuato a a Paularo (2.457 abitanti e 69 positivi), Socchieve (883 abitanti e 16 positivi) e Sutrio (1.267 abitanti con 44 positivi). Nessun provvedimento per Tolmezzo, Forni Avoltri, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Carlino e San Giorgio di Nogaro. Infine, in provincia di Gorizia, tamponi a tappeto a Dolegna del Collio, paese di 329 abitanti con dieci positivi. 
MODI E TEMPI
Oggi Fedriga spiegherà i dettagli dell’operazione in una conferenza stampa a cui parteciperanno - da remoto - anche i sindaci delle località coinvolte nella maxi-operazione. Si partirà immediatamente dopo, cioè da martedì, comune per comune. In campo ci sarà anche la Protezione civile, che in mancanza di palazzetti o spazi ampi per effettuare i tamponi allestirà strutture mobili. A guidare la macchina della prevenzione a tappeto saranno i sindaci, mentre ad effettuare i tamponi dovranno essere gli esperti dei singoli Dipartimenti. Si tratta di un’azione simile a quella messa in campo in ottobre a Sappada e nelle prime due settimane di novembre in Alto Adige, dove grazie allo screening a tappeto si è stati in grado di scovare una quota di positivi asintomatici pari all’1 per cento della popolazione residente. È quello che si proverà a fare anche nei sei comuni indicati dalla Regione: isolare i contagiati “silenti” e in questo modo spegnere i focolai. 
LA TRATTATIVA
Venerdì Fedriga aveva annunciato l’istituzione di zone rosse locali per fermare il contagio. Al “lancio” sono seguite 48 ore di vertici - anche tesi - e di trattative. Alcuni sindaci avevano protestato con toni veementi: non volevano il blocco totale dei paesi, che in zona rossa avrebbero visto la chiusura dei negozi al dettaglio e il ritorno del divieto di uscire di casa se non per comprovati motivi di lavoro, salute, studio o necessità. La Regione ha preso tempo, consultando gli esperti del comitato tecnico locale, guidato dal professor Fabio Barbone. E a valle del confronto è nato il cambiamento di rotta. 
LA SPIEGAZIONE 
«Grazie a un proficuo colloquio con i nostri massimi esperti - ha spiegato il presidente Fedriga - è stato valutato che le zone rosse non avrebbero risolto il problema dei contagi».

I comuni a rischio sono tutti piccoli, poco popolati: la zona arancione ha già causato la chiusura di bar e ristoranti, unici luoghi di ritrovo, ma le persone continuano a spostarsi per andare al lavoro o per recarsi al negozio di alimentari o in farmacia, cosa che continuerebbe ad essere possibile anche in zona rossa. Da qui l’inversione di marcia, l’addio ai lockdown locali e l’abbraccio al metodo altoatesino, che potrà essere esteso ad altri comuni già in settimana. 

Ultimo aggiornamento: 08:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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