Classi jolly per gli alunni in eccesso, scoppia la protesta: "Mio figlio senza internet per ore"

Venerdì 18 Settembre 2020 di Sara Carnelos
Il caso alla scuola Lozer di Pordenone
PORDENONE - Il primo giorno di scuola, quello tanto atteso dopo il lockdown, pieno di speranze, di aspettative per poter incontrare i compagni e gli insegnanti, si è rivelato più difficile per alcuni ragazzini. Sono diversi i genitori che si sono lamentati per la situazione creatasi ad esempio alla scuola media Lozer. La scelta didattica e per il contenimento del virus, con le classi jolly, è avvenuta solo in questo istituto: in altre realtà del territorio si è giunti a soluzioni diverse, anche a tenere la mascherina per tutte le ore di lezione. Mentre alla Lozer, gli studenti in eccedenza sono stati messi in due aule più capienti, chiamate jolly, per assistere alle lezioni della classe che si trova in un’altra parte dell’edificio.
LA TESTIMONIANZA
«Mio figlio il primo giorno di scuola – spiega una mamma – è stato “prelevato” dalla classe e portato nell’aula jolly, solo lui della sua classe. Il collegamento web con l’aula non ha funzionato, è rimasto isolato tutta la mattinata, non potendo interagire con compagni ed insegnanti. Tutto ciò è assurdo e inconcepibile». La madre è un fiume in piena e non è l’unica. «I ragazzi dovrebbero essere la priorità per la scuola, c’è stata una mancanza di sensibilità. Così mio figlio si è privato del piacere di incontrarsi con compagni e insegnanti, tenuto in una classe senza avere contatti con la propria. La privazione del primo giorno di scuola dopo mesi di assenza in questo modo, senza sapere cosa sia stato detto o fatto in classe è assurda. Non è ovviamente capitato solo a lui. Applicare si dice per “equità” il metodo anche alle classi sotto i 20 alunni non è comprensibile».
IL METODO
Chi fa parte della classe jolly entra da un ingresso diverso. Anche il secondo giorno di scuola non è andato diversamente, ovvero il collegamento internet è mancato per diversi studenti. «Mia figlia – dice una mamma – ha giocato con i videogames invece di fare lezione». A questo punto ci si chiede se gli insegnanti presenti nell’aula jolly, anche se non sono gli stessi della classe, possano costantemente fare delle attività con i ragazzi in presenza, non solo quando manca il collegamento. Tale impianto organizzativo, secondo diverse famiglie, non terrebbe conto dell’impatto psicologico sui ragazzini delle medie, ma nemmeno della gestione familiare. L’altra lamentela sollevata è relativa alla mancata comunicazione tempestiva del progetto. Solo la sera prima dell’inizio della scuola, la dirigente ha informato dell’esistenza di questo progetto che ha due motivazioni: il distanziamento e il prosieguo della pratica di didattica a distanza, ma questa volta integrata con quella tradizionale. L’annuncio delle 45 ore di lezione e tre di didattica a casa attraverso progetti è giunto alle famiglie sempre nella riunione a tarda sera. Ma quel che ha più indispettito mamme e papà è la durata di questo orario scolastico in presenza ridotto fino al termine dell’emergenza, finché la situazione epidemiologica non verrà arginata. Insomma, chi potrà gestire i ragazzini che terminano scuola prima? I nonni sono i soggetti più fragili, mentre le baby-sitter hanno un costo che non tutti possono permettersi in tempo di crisi. 
LE SOLUZIONI
Molti stanno pensando all’associazione “Piccoli amici”, tutta un’organizzazione just in time, quando c’erano sei mesi di tempo per prepararsi all’apertura delle scuole. 
LE RISPOSTE MANCATE
Il ministero da questo punto di vista non ha aiutato. I banchi non sono arrivati e nemmeno le mascherine che ancora gli studenti portano da casa. Neanche il corpo docente ha tutto preso servizio, perché ancora attende la nomina, nonostante il gran lavoro della Scuola polo e dell’Ufficio scolastico. I rallentamenti sono dovuti alla tardiva pubblicazione delle graduatorie delle supplenze e ad una macchina burocratica che ha i suoi tempi che non collimano con quelli della reale apertura delle scuole. Critica la situazione dei docenti di sostegno. Sedie vuote in attesa del professore che deve aiutare gli allievi più fragili. 
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