SACILE - Quindici anni, scuola, amici e un mondo virtuale fatto di chat e sconosciuti con cui scambiare anche le confidenze più intime. È in questo contesto che una ragazzina della provincia di Pordenone conosce nel 2018 un giovane immigrato pakistano che risiede a Sacile.
L’APPUNTAMENTO
Sin dalle prime battute la ricostruzione della 15enne non convince la Procura di Pordenone, che chiede l’archiviazione del fascicolo. Il giudice per le indagini preliminari, valutata la gravità della vicenda, sollecita l’azione penale ed è con un’imputazione coatta che ieri l’immigrato è stato giudicato con rito abbreviato dal gup Giorgio Cozzarini. Il giudice non trascurerà nulla, tanto che nella fase processuale dispone l’audizione della parte offesa. La ragazza conferma lo scambio di foto intime attraverso una chat e l’intromissione di una seconda persona, che lei ritiene sia lo stesso imputato, soltanto che chattava con un altro nome. Sarebbe stato quest’ultimo a farla cadere nel tranello. Quando incontra a Sacile l’amico conosciuto su Instagram, viene ricattata sessualmente. Se non accetterà, foto e video che la riguardano verranno diffusi pubblicamente. È il timore di una porno-vendetta che l’avrebbe spinta a seguire l’immigrato nella sua abitazione.
LA DIFESA
L’imputato nega tutto: ricatti, violenza e di averla lasciata sola in stazione dopo averla costretta a subire atti sessuali. «Le due versioni - è la difesa dell’avvocato Guido Galletti - sono inconciliabili, ci sono molte discrepanze. C’è documentazione che dimostra come lui, a giugno 2018, dopo l’incontro a Sacile l’abbia accompagnata in treno fino a casa e ci sono contatti WhatsApp che proseguono fino a marzo 2019». Agli atti mancano le fotografie e il video che sarebbero stati utilizzati dall’immigrato per costringerla ad avere rapporti sessuali. «Disse di aver messo a disposizione della polizia giudiziaria le fotografie - osserva il difensore - Mentre i carabinieri che si sono occupati delle indagini hanno appurato che sono state cancellate». Gli atti processuali utilizzati per la discussione del processo non hanno permesso di stabilire responsabilità a carico del 27enne pakistano e le dichiarazioni della quindicenne non sono state sufficienti a provare che dopo gli incontri virtuali su Instagram e l’appuntamento a Sacile il giovane abbia abusato dell’inferiorità fisica della minorenne.