Dalle liste d'attesa infinite ai letti liberi per la troppa paura: le case di riposo rischiano il fallimento

Mercoledì 14 Luglio 2021 di Marco Agrusti
Casa Serena a Pordenone
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PORDENONE - Non era mai successo.

La normalità non era questa. Ci si era abituati a un’altra realtà, fatta di liste d’attesa infinite, di due anni per ottenere un posto per un anziano, di una spasmodica ricerca di una stanza, di un letto. Poi il mondo è cambiato, e adesso si è di fronte al problema opposto: tutte le case di riposo della provincia di Pordenone sono alla “ricerca” di anziani da ospitare, ma non se ne trovano più. E ogni residenza ha a disposizione una percentuale sempre più alta di letti che restano vuoti. Un esempio? Il complesso dell’Umberto I di Pordenone, cioè il più grande del Friuli Occidentale. Ha venti posti immediatamente liberi. Volendo, ci si può entrare “domani”. Buona notizia? No, pessima notizia. Perché significa che tante famiglie attualmente sono in condizioni di difficoltà relativamente all’assistenza degli anziani. 


IL PUNTO


«Non arrivano domande», è la sintesi estrema - e lancinante - offerta da Giovanni Di Prima, direttore del complesso pordenonese dell’Umberto I. Stessa testimonianza da parte di Alessandro Santoianni, direttore a San Vito. Il mondo delle case di riposo si è bruscamente fermato. E a rimetterci sono tutti: le strutture, le famiglie, ma soprattutto gli anziani, che rischiano di non poter usufruire di un servizio extra-domiciliare fondamentale. La crisi, inoltre, sembra al momento senza uscita. Capire i motivi che vi stanno alla base è il primo passo per superarla. 


I DETTAGLI


Perché, dopo anni di liste d’attesa intasate e di case di riposo piene, ora si è di fronte all’emergenza opposta? La spiegazione, come sempre, non è una sola. Ma il Covid anche in questo caso c’entra. Il problema è complesso e si articola su più livelli. «Possiamo sintetizzare i fatti così - spiega Di Prima dell’Umberto I -: si deve partire dalla contrazione dei servizi sociali e dell’azione dell’Azienda sanitaria sul fronte del monitoraggio dei pazienti che potenzialmente diventano bisognosi di un posto in casa di riposo. Tanti operatori, infatti, sono ancora impegnati con la campagna vaccinale di massa. I servizi sociali, invece, non sono ripartiti del tutto dopo le fasi più dure della pandemia». Ma a pesare è anche l’aspetto emotivo. Le case di riposo, tra la prima e la seconda ondata, sono state tartassate dai contagi e dai decessi. Non sono poche le famiglie che ancora non si fidano e che rinunciano ad affidare i parenti anziani alle residenze. Contano molto anche le limitazioni. «Tanti - riferiscono i direttori delle strutture del Pordenonese - hanno paura di non poter vedere più il proprio parente oppure di poterlo visitare solamente poche ore la settimana. Ma in realtà - conferma Di Prima - sono stati fatti numerosi passi avanti e in alcuni casi anche gli anziani possono uscire dalle case di riposo». Paura, difficoltà organizzative, regole a volte ancora troppo severe. Così le case di riposo si svuotano, e centinaia di famiglie vivono nel limbo di un’assistenza sempre più dispendiosa. 

Ultimo aggiornamento: 07:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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