Morto in carcere a 29 anni, il giudice chiede una nuova perizia

Sabato 3 Luglio 2021
Il Castello, il carcere di Pordenone

PORDENONE  - Colpo di scena, ieri mattina, al processo che vede imputato per omicidio colposo Giovanni Capovilla, 67 anni all’epoca dei fatti medico del carcere di Pordenone, per il decesso nella casa circondariale del giovane portogruarese, Stefano Borriello, morto a 29 anni il 7 agosto 2015. Dopo aver sentito nelle udienze precedenti i testimoni citati dal pm Monica Carraturo (infermieri, medici e agenti della penitenziaria...), ieri, nell’udienza fissata per il dibattimento, la giudice Piera Binotto ha disposto un’ulteriore perizia collegiale, che dovrà coinvolgere tre professionisti che saranno nominati in un secondo momento. Una decisione nata, così ha spiegato la giudice, per approfondire alcuni aspetti poco chiari della vicenda e il presunto nesso causale tra la mancata diagnosi del medico e la morte di Borriello.

I FATTI
Borriello, che si trovava in carcere dopo esser stato arrestato per un’aggressione ai danni di un anziano avvenuta a Portogruaro, era morto al pronto soccorso dell’ospedale di Pordenone dopo aver accusato un malore nel penitenziario cittadino. I tentativi di rianimarlo, prima nella struttura di pena e poi in ospedale dove era stato trasportato in ambulanza, non avevano evitato il decesso per arresto cardiaco. Era stata la famiglia del giovane a chiedere approfondimenti sulla vicenda, sostenendo che il ragazzo godesse, prima dell’arresto, di ottima salute. Per due volte, la Procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo e per due volte la famiglia si era opposta. In seguito al provvedimento di imputazione coatta, firmato dal gip Rodolfo Piccin, era stato chiesto il giudizio del medico della casa circondariale, si contesta di non aver tutelato la salute del detenuto.

IL CAPO DI IMPUTAZIONE
Al dottor Capovilla si rimprovera la condotta dal 6 agosto, quando non diagnosticò a Borriello un’infezione polmonare. Secondo l’accusa, non avrebbe rilevato i parametri vitali ed eseguito un esame clinico toracico che avrebbe potuto far emergere i sintomi che si associano alle polmoniti. Per la mancata diagnosi, al giovane non erano stati somministrati antibiotici e le sue condizioni erano peggiorate, fino a portarlo, all’indomani, al malore e al tardivo ricovero d’urgenza in ospedale.

L’autopsia aveva individuato una polmonite batterica aggravata da una endomiocardite.

L’UDIENZA
Ieri, presenti gli avvocati di parte civile, Daniela Lizzi per i familiari e Simona Filippi per l’Associazione Antigone, e i difensori dell’imputato, Manlio Contento e Nicoletta Sette, il giudice ha rinviato tutto al 29 settembre per il conferimento dell’incarico ai tre Ctu e la formulazione dei quesiti da sottoporre ai consulenti, alcuni dei quali potranno essere suggeriti anche dalla parte civile.

Ultimo aggiornamento: 08:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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