PORDENONE - In campagna il problema da tenere sotto controllo inizia ad essere quello del glifosato, mentre in città si parla da tempo dei metabolilti dell'atrazina, che da un lato limitano la potabilità delle fontane (è notizia di ieri la proroga del provvedimento dell'Azienda sanitaria su 29 vasche urbane) e dall'altro inquinano alcuni pozzi artesiani ai quali attingono diverse famiglie che vivono nei condomini del capoluogo. I casi di condomini e abitazioni con l'acqua che in seguito alle analisi è risultata non potabile sono in aumento.
Si tratta di storie perlopiù sommerse, che spesso non fanno lo stesso rumore dei casi che riguardano gli acquedotti della rete pubblica. Ma il pericolo legato agli inquinanti che possono contaminare l'acqua che sgorga dai rubinetti non allacciati agli acquedotti è in aumento. Il problema principale è rappresentato dai metaboliti dell'atrazina, un prodotto utilizzato su larga scala in agricoltura almeno sino al termine degli anni 80. Solo in Friuli se ne usavano - in pianura - circa 600 mila chili l'anno. L'atrazina nel tempo si trasforma nei suoi metaboliti (uno dei più noti è il Dact), e un altro problema è rappresentato dalla difficoltà di rintracciare i nuovi metaboliti, quelli ancora non conosciuti e non rilevabili nemmeno dalle apparecchiature più moderne. I filtri al carbone attivo, infatti, se tenuti in buono stato bloccano i metaboliti dell'atrazina già noti, ma nell'acqua di superficie potrebbero essere presenti inquinanti ancora non mappati. Il dibattito sugli effetti dell'atrazina sulla salute è aperto anche all'interno della comunità scientifica. In alcuni casi si è fatto ricorso a delle contromisure: nel silenzio generale, infatti, in alcune zone della città ci sono amministratori e inquilini che hanno installato dei boccioni posizionati negli appartamenti o nelle aree comuni. Si tratta degli stessi distributori comuni negli uffici e nelle aziende: i residenti che non possono più usufruire dell'acqua del rubinetto se ne servono per bere e per gli usi alimentari, mentre non ci sono problemi per quanto riguarda gli altri utilizzi come l'igiene personale.
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Si tratta di storie perlopiù sommerse, che spesso non fanno lo stesso rumore dei casi che riguardano gli acquedotti della rete pubblica. Ma il pericolo legato agli inquinanti che possono contaminare l'acqua che sgorga dai rubinetti non allacciati agli acquedotti è in aumento. Il problema principale è rappresentato dai metaboliti dell'atrazina, un prodotto utilizzato su larga scala in agricoltura almeno sino al termine degli anni 80. Solo in Friuli se ne usavano - in pianura - circa 600 mila chili l'anno. L'atrazina nel tempo si trasforma nei suoi metaboliti (uno dei più noti è il Dact), e un altro problema è rappresentato dalla difficoltà di rintracciare i nuovi metaboliti, quelli ancora non conosciuti e non rilevabili nemmeno dalle apparecchiature più moderne. I filtri al carbone attivo, infatti, se tenuti in buono stato bloccano i metaboliti dell'atrazina già noti, ma nell'acqua di superficie potrebbero essere presenti inquinanti ancora non mappati. Il dibattito sugli effetti dell'atrazina sulla salute è aperto anche all'interno della comunità scientifica. In alcuni casi si è fatto ricorso a delle contromisure: nel silenzio generale, infatti, in alcune zone della città ci sono amministratori e inquilini che hanno installato dei boccioni posizionati negli appartamenti o nelle aree comuni. Si tratta degli stessi distributori comuni negli uffici e nelle aziende: i residenti che non possono più usufruire dell'acqua del rubinetto se ne servono per bere e per gli usi alimentari, mentre non ci sono problemi per quanto riguarda gli altri utilizzi come l'igiene personale.
M.A.