Alma, 91 anni, e il borgo fantasma dove si partoriva sui sentieri

Mercoledì 4 Luglio 2018 di Paola Treppo
Alma Pellegrinuzzi, 91 anni, e il paesino di Selva
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TRAMONTI DI SOPRA (Pordenone) - Ha quasi 91 anni, Alma Pellegrinuzzi. Gli occhi chiari e un volto solare. Sempre di buon umore, amante del bello. Nota subito con gusto lo smalto rosso corallo alle unghie e i sandali estivi tempestati di brillantini che indossi. Del resto anche lei è curatissima: orecchini d’oro a goccia e un collier, maglietta nera con gli strasse che le illuminano il viso. Ha l’animo di una bambina. È la memoria di Selva, un piccolo borgo delle montagne del Pordenonese, a Tramonti di Sopra.

Dove muore la strada, oltre la diga
Non è facile arrivarci e qui, dopo la strada asfaltata che passa sulla diga della Edison, che ha sommerso le vecchie case dei contadini, nei primi anni Sessanta del secolo scorso, c’è una via sterrata e il percorso muore sui monti: si può continuare, per andare a Claut, oltre la forcella, ma si può farlo solo a piedi. Impegnativo. Meglio fare il giro dall’altra parte, in auto. Oggi. «Ma guardi che le donne di una volta non avevano tutti questi problemi, a camminare - dice Alma -; arrivavano, le clautane, a vendere le sedons, i cucchiai di legno fatti a mano, per capirci. Facevano chilometri senza lamentarsi. Nessuno si lamentava. Per noi era normale. Eravamo belle: belle gambe, seni floridi».
 

 


Sulle Tranconere 
Alma, sposata da giovanissima con un uomo di Selva, ha dato alla luce i suoi due figli nella casa dove torna ancora adesso, nei fine settimana, appena può. Sa tutto di questo piccolo borgo dove ormai vivono stabilmente solo due persone. «Era nato per caso, Selva. Chi portava gli animali a pascolare in quota, nelle Tranconere, ne faceva di strada, sempre a piedi. Così, credo tra il 1600 e il 1700, uno uomo decise di costruire qui, in questo posto, la prima casa, a metà strada. Si sposò. Era della famiglia dei Cassan. Poi arrivarono altri suoi parenti, che costruirono altre abitazioni. E così è nata Selva».

Quando tutto era tenuto a prato 
A Selva non c’è copertura telefonica per i cellulari. Si chiama solo con fissi. Qualcuno ce l’ha ancora, sennò c’è sempre la “casetta” della diga di Ca’ Selva, con il suo custode, che la presidia 24 ore al giorno. Qui regna il silenzio e i boschi dominano tutto l’intorno del piccolo abitato. «Una volta, invece, non c’era un albero - racconta Alma -; tutti i versanti erano tenuti a prato. Sfalciati, per dare da mangiare alle bestie».

A 5 anni a mungere le mucche
«Eravamo piccoli, bambini di 5 anni, che ci mettevano a mungere le mucche di mattina. Si lavorava tutto il giorno. Andavamo su, per i sentieri, sulle montagne, con le gerle. Era ripido, pesante, ma non s’è mai fatto male nessuno. Spesso succedeva che le donne incinte si fermassero a mezza via, per le doglie. Partorivano e mettevano in bambino nella gerla. Poi si rimettevamo sul sentiero e tornavano a casa. Era normale».

«Le nostre infanzie sono state stupende»​
«La gente oggi si lamenta per ogni piccola cosa e non sa che ha tutto. Noi non avevamo nulla: si faticava e basta. Ma eravamo felici, cantavano, ridevamo; le nostre infanzie sono state stupende, spensierate, piene di gioia. Non avevamo idea di cosa potesse essere il mondo al di là di Selva. C’era poco ma non abbiamo mai sofferto la fame. Tutti avevano una mucca, chi capre, chi pecore. Galline e animali dell’aia».

Le donne cardavano la lana
«Si andava a fare la spesa più a valle, ogni 15 giorni, per barattare o comprare quello che mancava: un po’ di pasta, riso, zucchero, un po’ di caffè, la grappa. Qui si coltivava solo fagioli, verze e patate. Non sapevamo cosa fossero le carote». Vestiti? «Le donne cardavano la lana delle pecore e preparavano i maglioni per la famiglia. Tutto si rammendava. Non dormivo la notte per cucire e rammentare. Avevo un abito con venti toppe; chi non aveva un vestito buono per andare giù in paese faceva a cambio con chi dal paese saliva, e aveva una gonna senza buchi». Sembra la vita di secoli fa, invece siamo solo nei primi decenni del 1900. E c'è chi può ancora raccontarla. 

Meno 15 gradi e i baffi ghicciati 
«In poco tempo è cambiato tutto, in meglio, sì, ma anche in peggio, perché la gente non è più felice. Non ride, non canta. Si lamenta. Dove c’è la crisi? Non c’era qui a Selva, anche se eravamo in mezzo al nulla. Negli inverni la temperatura scendeva fino a 15 gradi sotto zero; ci si scaldava con la legna nella stufa, in stalla o nei letti. Mi sembra ancora strano, oggi, quando mi sveglio, allungare subito le gambe e appoggiare i piedi sul pavimento. Perché da ragazza, d’inverno, dovevi uscire piano piano da sotto le coperte, perché c’era il gelo e ti dovevi abituare un po’ alla volta. Mio padre aveva i baffi ed erano sempre ghiacciati».

Incinta di 8 mesi, Alma andò un giorno a prendere la legna scendendo lungo un ripidissimo pendio, come lo sono tutti, a Selva. Era freddo e cadde nell’acqua: la gerla perse il carico e lei si ferì alle gambe. Non importava molto: «Ripresi su tutto e mi incamminai verso casa. Una vicina mi venne incontro e mi aiutò. Ero poco più che ragazzina. Avevo la gonna che era diventata un pezzo di ghiaccio».

«Ah, che baci, pieni di passione...»
La domenica era il tempo dello svago: tutti a messa e poi tutti a far festa a casa di un parente, di una zia. «C’era chi suonava la fisarmonica e ci si incontrava tra giovani. Ah, che baci, pieni di passione. Chi se li dimentica? Non ci sono più i baci di una volta. Né quel gusto di stare insieme di un tempo».

Un caffè e la torta di mele
Alma la incontriamo per caso nella sua casa di Selva, una domenica mattina. È lì con uno dei suoi figli, Leonardo Rovedo, che di anni ne ha 68 e che fa la pitina come una volta. Ci sono i vicini di casa, anche loro lì per il fine settimana. Si beve il caffè e si mangia una fetta di torta di mele fatta nel forno di casa. Adesso Alma vive con il figlio a Cavasso. La sua è stata una vita intensa, piena: «Dopo aver lavorato qui, a Selva, sono emigrata in Germania e ho lavorato in una fabbrica dove si facevano i copripiumini. Poi siamo tornati a casa, in Friuli. Adesso, a quasi 91 anni, sto bene a Selva».
A Selva, dove non c’è più niente. Ma è la terra del cuore, piena di ricordi, tutti felici. 

Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 08:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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