PORDENONE Ha sfidato anche i proietti sparati dalle bocche di fuoco dei carri armati per difendere il suo allevamento di conigli costruito nel 1983 a Valeriano. Danilo Poci, ambientalista ed ex consigliere comunale di Spilimbergo, ha perso tutto. Allevamento, casa e speranze di risarcimento. Sono passati 37 anni e la battaglia è tutt'altro che cessata. A rinvigorire il braccio di ferro con l'Esercito sul fronte dei risarcimenti è il ritrovamento di alcuni documenti che credeva fossero andati persi e, soprattutto, l'interessamento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Poci si è rivolto. Il Quirinale non lo ha ignorato. L'11 ottobre 2020 gli hanno comunicato che la vicenda era in corso di approfondimento e il 18 gennaio ha appreso che è stato interessato il ministero della Difesa. Quello che poteva essere un semplice risarcimento per alcune centinaia di conigli morti, rischia di diventare una partita da oltre un milione di euro. Perchè Poci, per quelle cannonate, adesso chiede 1 milione 120mila lire tra danni patrimoniali, morali e spese sostenute.
LE CANNONATE È un fiume in piena quando parla della sua storia.
I DECIBEL Poci andò nel campo di esercitazione, protestò, si piazzò davanti ai cannoni. «Chiamarono i carabinieri - ricorda - poi ricominciarono a sparare, io venivo scaraventato dall'onda d'urto a ogni colpo». L'indomani andò all'alba sul Ciaurlec con un megafono. «Cercarono di individuarmi con un elicottero, poi cominciarono a sparare». Gli consigliarono di chiudere l'allevamento: 200 fattrici e una potenzialità di 3mila conigli a trimestre. Lui chiese all'Usl un rilevamento acustico e scoprì che a ogni cannonata venivano sparati fino a 130/135 decibel. «Ecco perchè morivano i conigli». Chiese un ristoro, ma gli risposero che il ministero della Difesa non pagava i danni indiretti.
L'ASTA Nel febbraio 1986 chiuse l'allevamento e non riescì più a pagare le rate alla ditta costruttrice. «Avevo già pagato 65 milioni di lire, ne dovevo ancora una quindicina, denaro che non avevo poiché avevano investito tutto in casa e capannone». Un'ingiunzione di pagamento sarà la mazzata finale: capannone e casa erano sullo stesso lotto e andarono insieme all'asta. Il complesso valeva 750 milioni di lire, fu svenduto per 140 milioni. In un attimo perse tutto, ma non la forza di lottare. Si affidò a un legale per chiedere un risarcimento all'Esercito. Sembrava esserci uno spiraglio, ma poi tutto si bloccò. Sparì anche il fascicolo con tutti gli incartamenti originali, compreso lo studio dell'Usl sui rumori. «Vado a Roma al ministero e scopro che i danni indiretti li pagano. Così come pagavano i danni causati dal poligono di Capo Teulada, lo facevano anche per quello sul Tagliamento, il secondo per importanza in Italia. Scopro anche che la mia pratica non era mai arrivata a Roma. Cerco di recuperarla, ma non trovo più nulla». Poi, nel 2018, la svolta. «Mettendo a posto carte trovo una lettera del Reparto Infrastrutture di Udine in cui dicono che non pagano danni indiretti». È la prova che negli uffici dell'Esercito una pratica Poci esisteva. La fortuna gli fa ritrovare anche lo studio dell'Usl. Torna alla carica a Roma, ma gli rispondono che la richiesta è tardiva. Lui non molla. «Avevo diritto al risarcimento. Per colpa delle cannonate ho perso tutto e sono finito a dormire in una stalla a Clauzetto, adesso attendo la risposta del Quirinale».