Affitti troppo cari, l'idea di Marchiori: «I sindaci chiedano i danni ai proprietari»

Martedì 7 Luglio 2020 di Alberto Comisso
Affitti troppo cari, l'idea di Marchiori: «I sindaci chiedano i danni ai proprietari»
PORDENONE Canoni d'affitto inadeguati al momento storico del commercio. Mentre gli esercenti provano a lasciarsi alle spalle il periodo di lockdown, Ascom-Confcommercio e Anci hanno chiesto al governo di legiferare, in tempi rapidi, dando maggiori poteri ai sindaci.

Le due associazioni, in particolare, spingono perché i Comuni vengano investiti della possibilità di chiedere i danni ai proprietari di locali e negozi che, pur di non abbassare il canone d'affitto, preferiscono tenere le serrande abbassate. Ma anche a chi si rifiuta categoricamente, pur in presenza di incentivi, di ristrutturare le facciate esterne di attività commerciali e abitazioni. Alberto Marchiori, presidente provinciale di Ascom-Confcommercio, è per la linea dura: «Il saldo tra aperture e chiusure di locali in centro sottolinea è positivo. Il vero problema, se da troppo tempo un negozio è sfitto, è un altro e non ha nulla a che fare con la crisi e il mercato immobiliare. Nella maggior parte dei casi, almeno per quanto riguarda proprio il cuore della città, i proprietari non intendono minimamente ridurre gli affitti che, lo dico anche da professionista del settore, non sono coerenti con le richieste che arrivano in questo momento dal terziario.

Accade così che, piuttosto di abbassare il canone, i locatori preferiscono tenere chiuso. E questo rappresenta un danno doppio: per l'economia e per la vivacità di Pordenone». Il Comune ha le mani legate. Non può entrare nelle trattative di privati ma per i locali sfitti può applicare la massima aliquota Imu che, tuttavia, potrebbe penalizzare chi, trovandosi in posizioni meno centrali rispetto a piazza XX Settembre e ai due corsi (per esempio viale Marconi), avrebbe tutto l'interesse ad affittare ma non trova le persone interessate. Da qui la speranza di Marchiori che venga dato al sindaco il potere di chiedere i danni a chi si ostina a tenere chiuso e a chi non ne vuole proprio sapere di ristrutturare le facciate esterne. A Pordenone esistono vere e proprie pietre miliari del commercio che, da anni, sono chiuse. Pizzerie, bar e ristoranti che, con i loro nomi, hanno fatto la storia della città. Non solo il bar della prestigiosa Villa Ottoboni ma anche locali come il Caffè Perla e il 3B. Senza dimenticare, poi, la pizzeria Gambrinus di viale Dante e il ristorante del Moderno.

Locali storici le cui insegne, ognuno per ragioni diverse, sono (ancora) spente. Per alcuni di loro difficilmente torneranno ad accendersi. «Da quanto mi risulta sostiene Marchiori i proprietari di Villa Ottoboni (sede d'incontro del G7 e meta privilegiata di imprenditori, politici e del nobel Rita Levi Montalcini, ndr) non intendono riaprire lo spazio chiuso, mentre il ristorante Moderno, evidentemente, era di livello troppo elevato per gli standard della clientela pordenonese. Mentre per il Perla ci dovrebbero ancora essere delle questioni burocratiche da risolvere, per il 3B non è stata mai raggiunta un'intesa sul canone di affitto. Il Gambrinus? Per com'è fatto - evidenzia Marchiori - è uno dei locali che dal punto di vista architettonico mi ispira di più. Al di là di una sparata iniziale, chi lo avrebbe acquistato prima del lockdown avrebbe fatto un affare». In città, tuttavia, ci sono anche locali che riaprono. È il caso del bar Posta di piazza XX Settembre, fresco di passaggio di proprietà all'imprenditore Adriano Bianchin, del FFinaly (ex Bianco & Rosso) e del King Pub di via Ospedale Vecchio. Per gli amanti degli hamburger, dei panini e delle birre una buona notizia: l'attività, che rinasce al posto de Le Casette, inaugurerà il 27 agosto. Un altro tassello che si aggiunge ad una città in continua evoluzione. 
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