Abusi edilizi in Friuli Venezia Giulia, demolito il 60%. Esposte al rischio frane 10 mila famiglie

Il presidente regionale di Legambiente Sandro Cargnelutti: «Il catasto censisce circa 6000 frane»

Martedì 29 Novembre 2022 di Loris Del Frate
abusi edilizi Friuli Venezia Giulia

«Se può accadere anche in Friuli Venezia Giulia un fatto come quello accaduto a Ischia? Direi di no, perchè Ischia ha la peculiarità di avere rocce vulcaniche che con forti piogge si sbriciolano e poi non dimentichiamo che esiste un malgoverno del territorio che va avanti da tantissimi anni». A parlare il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti che mette sul tavolo, però, alcuni dati che devono come minimo far riflettere.


IL PASSATO
«È anche vero, però, che nel 2003 abbiamo avuto il disastro di Pontebba - Malborghetto con uno smottamento mica da poco. In tre ore sono caduti più o meno 300 millimetri d'acqua. Per non dimenticare poi il 1997 con le bombe d'acqua che hanno colpito il Fella creando grandi problemi». Come dire, insomma, che anche in regione i problemi per un territorio troppo sfruttato non mancano. «Il catasto censisce circa 6000 frane sul territorio regionale, con 2000 famiglie che vivono con questo incubo. Sono invece più di 10 mila le famiglie esposte al rischio idrogeologico alle quali si sommano circa duemila imprese.

Non sono decisamente numeri da poco. Fortunatamente da noi c'è un aspetto positivo: c'è la percentuale più alta di abbattimenti per abitazioni chiamiamole abusive che sono state edificate in zone alluvionali». Una percentuale che si aggira intorno al 60 per cento. «In realtà - va avanti il presidente - la gran parte aveva avuto il permesso di costruzione, ma è stato rilasciato o a fianco del greto di un fiume o addirittura in una zona golenale. Facile intuire perchè poi ci sono così tanti problemi quando piove».


I LAVORI DA FARE
«Direi che la cosa essenziale - va avanti - sarebbe quella di procedere regolarmente con le manutenzioni ordinarie, sia per quanto riguarda i fiumi più grandi, sia per la rete dei reticoli minori. sarebbe anche necessario, anzi, fondamentale, restituire all'acqua quegli spazi che sono stati sottratti per realizzare nuove edificazioni. Diciamo che se facessimo questo avremmo già risolto un bel po' di problemi. Il fatto - va avanti - è che la prevenzione non paga, non è mai diventata prassi e non è mai entrata a far parte del sistema di governance. Eppure costa meno la prevenzione che l'intervento per sistemare un disastro ambientale una volta accaduto. Eppure non si sente da quella parte».


LE GRANDI OPERE
«Devo aggiungere - spiega ancora Cargnelutti - che è finita la stagione della costruzione di grandi opere. Ce lo chiede l'ambiente. Basta guardarsi in giro per capire quello che sta accadendo e che non c'è più senso pensare a grandi interventi. Oggi si deve lavorare su altri fronti, sugli interventi mirati sul territorio, sulla prevenzione, sulla pulizia del reticolo idrografico, sulle opere minute per sistemare piccole cose. Siamo ancora in tempo per evitare che i cambiamenti climatici siano devastanti, ma c'è la necessità di cambiare subito registro. Del resto basta pensare che c'è ancora qualcuno che chiede il prolungamento della Cimpello - Sequals fino a Gemona. Mi pare una follia, sembra di essere tornati nel 900 quando dicevano che l'autostrada portava nuove opportunità. Non è più così».
Ma il presidente regionale di Legambiente lancia anche un altro segnale. «Difficile dire quanti soldi servirebbero oggi per mettere in sicurezza il territorio della regione. Anche perchè manca una visione di sintesi, un progetto complessivo. Si continua ad andare avanti con opere legate non alla prevenzione, ma alla sistemazione del suolo dopo che l'evento è già accaduto».

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