Il sottosegretario Sgarbi: «Finché ci sarò io, la statua del Gattamelata resta dov'è, l'arte è di tutti e non si paga»

Lunedì 7 Novembre 2022 di Nicoletta Cozza
Vittorio Sgarbi e la statua del Gattamelata
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PADOVA - Per i prossimi 5 anni, cioè finché sarà sottosegretario alla Cultura, la statua equestre del Gattamelata non si muoverà dal sagrato della Basilica di Sant'Antonio. Parola di Vittorio Sgarbi, che ieri ha ribadito il suo no alla sostituzione con una copia, per poi trasferire il capolavoro di Donatello all'interno dell'attiguo museo antoniano. L'ipotesi era stata formulata dalla Delegazione pontificia, qualora gli studi in corso sullo stato di salute dell'opera evidenziassero la necessità di procedere con il trasloco per tutelarla e proteggerla dai danni provocati dagli agenti atmosferici e dal guano dei piccioni. La polemica è scoppiata dopo il montaggio dell'impalcatura posizionata appunto per permettere agli esperti di valutarne lo stato di conservazione e per precedere poi con il restauro che avverrà sempre all'esterno. Solo alla fine del maquillage, e in presenza di un'indicazione in tal senso del comitato scientifico, si procederebbe con il trasferimento in ambiente protetto dell'Erasmo da Narni a cavallo. Sgarbi, intanto, ha annunciato che lunedì prossimo sarà a Padova e salirà sui ponteggi con il sovrintendente Fabrizio Magani. Inoltre, conferirà a quest'ultimo una delega rafforzata per il Gattamelata.


Onorevole Sgarbi, la possibilità che la statua equestre venga sostituita da un sosia ha scatenato una guerra tra lei e la Delegazione Pontificia
«No, nessuna guerra, ma come per lo stadio Meazza, ci sono dei principi da rispettare.

Nessuno forse lo ricorda, ma lo sa bene Magani che è della mia stessa opinione, ci sono 10 monumenti in Italia che sono patrimonio nazionale e uno di questi è appunto il Gattamelata, che è sacro, così come lo è la Basilica del Santo. Una legge dice che non appartiene alla Chiesa, ma a tutta la comunità».


A chi spettano quindi le decisioni?
«Devono sapere i frati e l'attuale delegato pontificio monsignor Fabio Dal Cin, che è una persona intelligente, che la statua equestre di Donatello non è extraterritoriale. Ricordo che monsignor Francesco Gioia, mio amico e attuale arcivescovo di San Severino Marche, è stato al centro di una vicenda giudiziaria perché quand'era nunzio a Padova fece dei lavori senza l'autorizzazione della Sovrintendenza, pensando che il complesso antoniano fosse extraterritoriale. Ribadisco che la potestà è totalmente nostra e non ha niente a che fare con il Vaticano, o con il Comune».


Quindi lei dice no alla copia?
«Le repliche vanno fatte, io non ho niente in contrario, ma non per sostituire l'originale. In Italia sono fuori e godono di ottima salute molti altri capolavori, tra cui il monumento del Verrocchio a San Zanipolo a Venezia, i meravigliosi cavalli del Mochi a Piacenza: stanno tutti benissimo, ma vogliamo forse sostituire anche questi? Il caso del Marco Aurelio a Roma è stato un errore grave, in quanto non c'era alcuna necessità di spostarlo perché ha resistito per secoli e tuttora non ha problemi in quanto il bronzo è fatto per stare all'aperto. La museificazione del monumento all'imperatore romano è un orrore perché quello che non si può accettare, e la Chiesa deve capirlo, è che i valori simbolici diventino economici. Nella fattispecie, tra l'altro, al suo posto c'è una copia che sembra di cioccolato, davvero bruttissima. Inoltre cito il Colosso di Barletta, che è all'esterno dal V secolo, quindi un tempo immemorabile, ed è perfettamente conservato. Invito Colasio (l'assessore Andra, ndr) e Dal Cin ad andarli a vedere».


La sua è una posizione intransigente
«L'idea di prendere sia le sculture di Donatello dell'altare del Santo, di cui sono stati fatti i duplicati, sia il monumento equestre, e di spostarli in un museo a pagamento, è l'ultima cosa che vorrei. L'arte non si paga, perché appartiene ai cittadini. Non si può far diventare tutto denaro, e il Gattamelata è un valore simbolico che deve rimanere a disposizione. Le copie possono servire come memoria, essere collocate nelle sedi museali, ma esporne una a Padova sarebbe una bestemmia contro il patrimonio artistico italiano. Nessuna polemica e nessuna guerra: finché ci sono io non si farà nulla. L'ultima parola spetta alla Sovrintendenza e Magani ha una posizione identica alla mia, quindi non si sposta nulla».


Prossimo passaggio?
«Verrò a Padova il 14 novembre per partecipare a un convegno sul Canova e andrò sopra l'impalcatura a vedere il Gattamelata con Magani. E di questo avviserò il delegato pontificio Dal Cin. Io, comunque, non capisco come queste operazioni vengano portate avanti dal Comune e dalla Basilica senza avvisare la Sovrintendenza: la guida di tutto deve essere il sovrintendente, a cui spetta il compito di indicare i consulenti, stabilire i metodi delle verifiche e monitorare il cantiere all'aperto. Né Colasio né il nunzio possono prendere decisioni su un monumento nazionale, uno dei 10 che ha un vincolo particolare, come recita la legge. Le copie vanno realizzate per replicare i monumenti lapidei, perché la pietra si corrode, non certo per il bronzo che è perenne. Sono favorevole al duplicato, e posso anche indicare chi può farlo, ma non alla sostituzione dell'originale, in nome dell'Italia».
 

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Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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