Covid. Goldin avverte: «Disastroso chiudere ora la mostra su Van Gogh»

Giovedì 5 Novembre 2020 di Nicoletta Cozza
Covid. Goldin avverte: «Disastroso chiudere ora la mostra su Van Gogh»

Musei e mostre costretti a chiudere. L'emergenza-contagi ha imposto uno stop anche alla Cultura con ricadute pesantissime per l'indotto, visto che per esempio quelle allestiste di recente a Padova, e dedicate a Van Gogh e ai Macchiaioli o a Rovigo con Chagall senza contare i musei veneziani, stavano richiamando visitatori da tutta Italia. Gli organizzatori ora devono fare i conti con mancati introiti rilevanti. Marco Goldin, curatore di rassegne di successo, non nasconde il suo disappunto per lo stop che blocca la sua rassegna al San Gaetano di Padova, dedicata al Maestro olandese con 82 capolavori esposti.
Goldin, le mostre e i musei sono considerati luoghi a rischio assembramento più di bus e treni...


«Sarebbe troppo facile fare i confronti con altri settori e le discrepanze emergerebbero a ogni riga.

Non sono certo mostre e musei, ma neppure cinema e teatri, le attività dove avvengono i contagi, visto che le prescrizioni vengono rispettate in maniera precisa, con controlli costanti e numeri contingentati. Lo stesso non era di sicuro garantito soprattutto in alcune forme di trasporto, che hanno contribuito in maniera determinante alla diffusione del virus. Sono decisioni che mettono tutto nello stesso mazzo».


Quindi da oggi la porta di ingresso alle sale con i capolavori di Van Gogh sarà sbarrata.
«Per forza. Anche perché, se comunque il governo avesse consentito a mostre e musei di continuare l'attività, sarebbe stato inutile, in quanto la gente non avrebbe avuto in molti casi la facoltà di spostarsi da una regione all'altra. E di sicuro non potevamo permetterci di riservare la rassegna solo a chi risiede a Padova».


Non ha mai pensato di smantellare l'allestimento e annullare l'esposizione?
«Questo no. Abbiamo inaugurato la rassegna solo tre settimane fa, con un'enorme fatica e costi che definire esorbitanti è riduttivo. I colori della vita resterà chiusa e custodita in attesa di poterla riaprire al pubblico il 4 dicembre. Sempre sperando che lo stop sia solo per un mese».
I numeri registrati in questo primo periodo erano già stati assai incoraggianti, tanto da lasciar presagire che si sarebbe arrivati ai 120mila visitatori prospettati all'inizio.
«In effetti, compatibilmente con le limitazioni negli ingressi imposte dal Covid, abbiamo avuto finora 20mila persone, praticamente circa 5mila a settimana. Per me, quindi, chiudere adesso significa un autentico disastro in termini di perdita economica».


Ha già fatto i calcoli?
«Non sono certo difficili. Per un mese di stop al San Gaetano prevedo una perdita di 450mila euro. Dire che il 2020 è stato un flagello è un gentile eufemismo. Tra l'altro, con la rassegna di Padova l'obiettivo era quello al massimo di andare in pareggio, poiché si sapeva in partenza che gli ingressi sarebbero stati contingentati per evitare che nelle sale nello stesso momento ci fossero troppe presenze. Un anno difficilissimo per me, ma non bisogna farsi prendere dal panico, anche se la situazione potrebbe diventare molto ma molto complicata, perché non godo di finanziamenti pubblici, faccio vero rischio d'impresa e gli incassi arrivano soltanto dalla biglietteria e dal bookshop».


Durante questo primo periodo alla mostra dedicata a Van Gogh ha aggiunto due eventi online che hanno riscosso un enorme successo, come la visita guidata e il recital con il pianista Remo Anzovino. In questo mese di chiusura proporrà qualcosa di analogo?
«Qualcosa sì, e darò l'annuncio domani. Si tratterà sempre di proposte di alto livello, per... restare accesi. Le cose stavano andando bene, l'esposizione non aveva quasi più bisogno di essere pubblicizzata, perché faceva registrare quasi sempre il tutto esaurito».
C'è la possibilità di prorogare la chiusura, fissata oggi per l'11 aprile dell'anno prossimo?
«Mi piacerebbe molto, ma le opere esposte al San Gaetano non vengono da collezioni private, bensì da Musei e quindi non è semplice, perché anche loro non vedono l'ora di riaprire e per richiamare i visitatori hanno bisogno di avere a disposizione i capolavori che ora sono a Padova».


Ma prima di organizzare la nostra non aveva valutato la possibilità che la pandemia avrebbe potuto imporre una chiusura?
«Ho riflettuto tre mesi e, alla fine, ho deciso ugualmente di farla. Nessuno si aspettava una ripresa dei contagi di questa portata, neppure i virologi. E se non la ipotizzavano loro, non potevo certo metterla in preventivo io che faccio lo storico dell'arte. Comunque non me la prendo con nessuno, ma di sicuro non pensavo che dopo soli venti giorni sarebbe arrivata questa mazzata dovuta ai contagi che, contro ogni previsione, sono raddoppiati in pochissimo tempo».

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