Giovane tunisino morto nel Brenta, l'autopsia: è annegato, nessuna violenza dai poliziotti

Il 10 gennaio scorso un agente ha anche provato a salvarlo ma il magrebino si è inabissato nel fiume

Venerdì 17 Marzo 2023 di Marco Aldighieri
Oussama Ben Rebha è morto annegato nel Brenta

PADOVA - Il risultato dell’autopsia, depositato ieri sul tavolo del pubblico ministero Luisa Rossi titolare delle indagini, ha sgomberato il campo da ogni dubbio: quel giovane tunisino morto nelle fredde acque del fiume Brenta, nel quartiere di Pontevigodarzere a Padova, non è stato pestato dalla polizia. 
La pesante accusa era stata lanciata da una sua amica e dai suoi parenti, ma a smontarla del tutto è arrivato l’esito dell’esame autoptico eseguito dal medico legale Andrea Porzionato nominato dalla Procura. 


L’ESAME
Sul corpo del ragazzo non è stato trovato alcun segno di violenza, ma aveva i polmoni pieni d’acqua: la causa del decesso è l’annegamento. All’autopsia sul cadavere di Oussama Ben Rebha ha preso parte anche il medico legale Alberto Raimondo nominato invece dall’avvocato Marina Infantolino legale della famiglia del giovane nordafricano. Dal corpo sono stati prelevati anche campioni di organi e di sangue, per essere sottoposti agli esami tossicologici. Già l’esame esterno sul corpo del ragazzo, effettuato mercoledì 11 gennaio quando è stato ripescato dal fiume, aveva evidenziato l’assenza di segni di violenza
Il pubblico ministero Luisa Rossi, titolare delle indagini, aveva aperto un fascicolo per resistenza a pubblico ufficiale e nessuna persona era stata iscritta nel registro degli indagati.

Nei prossimi giorni la Procura metterà fine al caso chiedendone l’archiviazione. 


LE INDAGINI
Gli investigatori, da subito, non hanno avuto dubbi su quanto sia accaduto martedì 10 gennaio intorno alle 16, quando la polizia ha proceduto al controllo di quattro giovani stranieri in via Querini. A suffragare la tesi di una perfetta azione da parte degli agenti della Sezione volanti, ci sono anche due testimoni. Entrambi, agli inquirenti, hanno raccontato le stesse cose. Il tunisino avrebbe strattonato con forza un poliziotto, divincolandosi e tentando la fuga per poi lanciarsi nelle fredde acque del Brenta. 
L’agente, rimasto contuso, avrebbe provato a salvare la vita al ragazzo richiamandolo a riva e allungandogli un pezzo di legno raccolto sull’argine: «Avvicinati - gli ha gridato - vieni qua e aggrappati al ramo». Non è successo e il corpo del giovane si sarebbe inabissato quasi subito. Le indagini condotte dagli uomini della Squadra mobile, nelle scorse settimane, si sono concentrate su chi avrebbe accusato ingiustamente la polizia di avere pestato e gettato nel Brenta il giovane straniero. Sarebbe stata Assia Dahhani, amica di Oussama, a raccontare di avere ricevuto una videochiamata da uno dei ragazzi in fuga dagli agenti dove si sarebbe visto un poliziotto pestare e gettare nel fiume il 23enne tunisino. Ora rischia una denuncia per calunnia. Ma anche altri amici dello straniero avrebbero puntato il dito contro la Questura dichiarando «È stato picchiato dai poliziotti con i manganelli e poi buttato nel fiume». Di fatto solo un castello di menzogne, come ha dimostrato l’esito dell’autopsia e i racconti di due passanti testimoni di quanto avvenuto nel pomeriggio del 10 di gennaio.

Ultimo aggiornamento: 07:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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