TREBASELEGHE (PADOVA) - Crudeltà ed efferatezza. É quanto emerge dalla ricostruzione della mattanza sulla base dei risultati degli esami autoptici. Alessandro Pontin ha provato ad uccidere i figli Francesca e Pietro nel più breve tempo possibile.
L'omicidio Pontin
Il suo folle disegno era quello di sorprenderli nel sonno.
Decine di coltellate
Il medico legale Giovanni Cecchetto non ha potuto stabilire con precisione il numero delle coltellate inferte ai due ragazzi. Sicuramente alcune decine, in un lasso di tempo di due, al massimo tre minuti. Prima dell’unico colpo mortale con cui il 49enne ha posto fine alla propria esistenza. Pietro presentava un vasto squarcio alla trachea ma l’autopsia ha individuato pure una profonda ferita al polmone sinistro. Francesca è stata colpita da più fendenti alla trachea e alla giugulare ma anche nel suo caso non sono stati gli unici colpi letali. Il medico legale non ha potuto non rilevare gravissime ferite “trapassanti” al fegato e allo stomaco. La quindicenne studentessa del Newton Pertini ha con tutta probabilità lottato più del fratellino contro la furia omicida del padre. Lo confermerebbero le numerose ferite da difesa individuate sulle sue mani.
Tutto pianificato
Alessandro Pontin aveva pianificato tutto da tempo. Ma non aveva lasciato trasparire nulla alle persone che gli stavano vicino. Neppure la sua attuale compagna avrebbe nutrito sospetti. La follia omicida non sarebbe stata provocata da alcun fattore contingente ma sarebbe da ricondurre piuttosto alla forte depressione di un uomo alle prese con una preoccupante fragilità psicologica. Ne sono convinti anche gli investigatori dell’Arma, coordinati dal sostituto procuratore Sergio Dini. I carabinieri speravano di raccogliere qualche indizio dall’esame dei cellulari dei due ragazzini. Magari un litigio o una discussione con il padre che veniva descritto come un genitore piuttosto severo. Nelle messaggerie dei telefoni, ritrovati uno a fianco dell’altro, non vi sono però indicazioni di momenti di tensione in famiglia. La serata di sabato sarebbe trascorsa in totale serenità. Francesca e Pietro sono andati a coricarsi ignari di quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Per completare gli accertamenti manca ancora l’esame del cellulare di Alessandro ma è improbabile che il 49enne piastrellista possa aver rivelato i suoi propositi assassini a qualcuno.
La depressione
Pontin viveva male la sua condizione di padre separato. E si lasciava condizionare dai giudizi altrui. Non si spiegherebbero altrimenti gli appunti scritti a mano su alcuni foglietti e rinvenuti dai carabinieri nella casa dell’orrore. “Tutti mi giudicano”, “Mi sento giudicato dal mondo che mi osserva e mi critica”, “Vivo nel costante giudizio di tutti” e altri pensieri che fanno pensare a vere e proprie manie di persecuzione. Proprio questo tarlo potrebbe aver provocato il grave stato depressivo che ha condotto Pontin alla tragica decisione di uccidere se stesso e i propri figli, per portarli in un “luogo migliore”.