Andrea tifoso disabile, "espulso" dall'arbitro per un cancello aperto

Martedì 17 Dicembre 2019 di Gabriele Pipia
Andrea Contin
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PONTE S.NICOLÒ - Il calcio è la sua grande passione, il fratello Nicola è il suo idolo e quel campo parrocchiale è la sua seconda casa. Andrea Contin, ventiduenne padovano di Ponte San Nicolò, ogni domenica si sveglia con un pensiero fisso in testa: andare a tifare l’Union Volta Roncaglia nel campionato di Seconda Categoria. A differenza degli altri sostenitori, però, Andrea non può sedersi comodamente in tribuna. Invalido al cento per cento fin dalla nascita, quest’anno ha guardato tutte le partite a bordo campo con la sua carrozzina. Anzi, quasi tutte. L’inflessibilità di un giovane arbitro chioggiotto domenica pomeriggio l’ha costretto ad allontanarsi e ha mandato il papà su tutte le furie: «Mio figlio l’anno scorso è stato addirittura premiato dalla Figc padovana come tifoso numero uno. Ci vuole buon senso, quello che è successo è una vergogna». Il signor Paolo ce l’ha con la scelta dell’arbitro, ma anche con l’assenza di un posto idoneo per un disabile in un campo omologato dalla Figc. Se lo sport dev’essere inclusivo per definizione, le barriere architettoniche negli impianti rappresentano spesso un problema ancora irrisolto. 
LA SCELTA
Succede tutto domenica pomeriggio, quando la partita tra i padroni di casa e il San Lorenzo è iniziata da pochi minuti. Andrea, accompagnato da mamma e papà, si sistema come sempre con la sua carrozzina all’uscio del campo, dove c’è un cancello lasciato appositamente aperto. L’arbitro lo vede, ferma il gioco e chiama i due capitani: «Quella persona non è autorizzata a stare lì e il cancello dev’essere chiuso». Il ragazzino si agita, qualche giocatore minaccia di andarsene. I dirigenti locali lo portano fuori, strappano un telone oscurante e gli permettono di vedere il secondo tempo da un altro punto, dietro la rete di recinzione. La squadra di casa perde 3-0, ma è un altro il motivo per cui il papà del giovane esplode. 
Antonio Contin si rivolge all’arbitro con una lettera aperta: «Le presento mio figlio Andrea. È un ragazzo intelligente, buono, sereno e tenacemente appassionato della vita, che ha interamente trascorsa in carrozzina. Nonostante questo è un ragazzo felice, che coltiva come ogni altro ragazzo le sue passioni. La più grande, il calcio, lo ha reso tifoso numero uno della squadra del fratello, del quale è il primo e più grande estimatore. Oggi era la quindicesima giornata del campionato: come nelle precedenti quattordici, Andrea era in prima fila. Da quest’anno però non la può più seguire dagli spalti. Gli organi dirigenti dei campionati veneti, infatti la scorsa estate hanno imposto alla società di erigere una nuova recinzione per motivi di sicurezza. Ma quella recinzione impedisce l’accesso e la visibilità del campo di gioco alle carrozzine. Ora quindi mio figlio si mette in un angolo dove si trova un cancello che viene aperto per quel che basta a fargli vedere il campo. Gli altri arbitri non hanno sollevato problemi, lei sì».
I VERTICI
Giuseppe Ruzza, presidente della Figc veneta, capisce entrambe le posizioni: «Spesso i giovani arbitri sono terrorizzati dal non rispettare alla lettera il regolamento. Li invito ad avere più coraggio: i loro capi apprezzeranno. Da parte mia, invito la società ad inviare una richiesta e sistemeremo tutto». Michele Rosteghin, presidente della sezione arbitri di Chioggia, è sulla stessa linea: «Non vietiamo certo l’ingresso ai disabili, ma ci sono problemi di sicurezza. E se quel ragazzo riceve una pallonata? Servono autorizzazioni chiare». Autorizzazione o meno, resta il fatto che in quel campo, come in molti altri campi veneti, manca un luogo idoneo per gli spettatori disabili. «L’impianto è della parrocchia - spiega il sindaco Martino Schiavon - ma ci impegneremo a trovare una soluzione». 
 

Ultimo aggiornamento: 15:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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