«Tentati suicidi e autolesionismo, ragazzine più colpite dallo stress da pandemia: raddoppiati i ricoveri in psichiatria»

Mercoledì 24 Febbraio 2021 di Raffaella Ianuale
Michela Gatta direttrice dell'Unità operativa complessa (Uoc) di Neuropsichiatria infantile dell'azienda Ospedale-Università di Padova.
4

PADOVA - Nell'ultimo anno il 95% dei ricoveri è avvenuto in situazioni d'urgenza e l'accesso agli ambulatori è aumentato del 150%, lo stesso è successo per i servizi territoriali. Crescono i tentati suicidi, gli atti di autolesionismo e i casi di disturbi alimentari gravi. A soffrire soprattutto le ragazzine che rappresentano i due terzi dei bambini e degli adolescenti che si sono rivolti ai servizi e ai pronto soccorso. A ripercorrere le conseguenze dell'isolamento imposto dalla pandemia tra i più giovani è la professoressa Michela Gatta, direttrice dell'Unità operativa complessa (Uoc) di Neuropsichiatria infantile dell'azienda Ospedale-Università di Padova. Un centro di riferimento per l'intero Nordest e anche oltre: qui vengono dirottati tutti i giovani, da zero a 17 anni, con problematiche psichiche serie.

L'ESPERTA «Abbiamo riscontrato l'incremento di accessi agli ospedali e anche l'aggravarsi dei casi specie nella fascia 10-17 anni - premette l'esperta - siamo passati dai 65 ricoveri del 2017, quando è iniziata l'attività di reparto della Uoc di Neuropsichiatria Infantile di Padova, agli oltre 120 del 2020, l'anno della pandemia.

Si tratta per il 95-96% di ricoveri in urgenza, soprattutto per tentativi di suicidio, per atti gravi di autolesionismo come l'autoinfliggersi ferite e per anoressia con situazioni fisiche ormai scadenti che richiedono un immediato intervento. Inoltre si sono allungati i periodi di degenza che ora superano la media dei 23 giorni». Aumentata di molto pure l'attività ambulatoriale della Uoc di Neuropsichiatria Infantile passata dalle 2000 prestazioni annue alle oltre 3.000 del 2020.

IL FENOMENO In crescita, specie tra le ragazzine, il fenomeno dell'autolesionismo, che spesso comporta il procurarsi dei tagli. Atti che, almeno all'inizio, non vogliono giungere al suicidio. «Non è raro però che dall'autolesionismo non suicidario si passi poi alla volontà di togliersi la vita» spiega la professoressa Gatta sottolineando come questo fenomeno sia oggetto di studio. «Alla base c'è una difficoltà di regolazione emotiva, per cui stati intollerabili quali ad esempio la rabbia, la vergogna e la frustrazione, vengono controllati e contenuti infliggendosi delle ferite, azione che produce la sensazione di controllo del dolore psichico attraverso quello fisico. Si tratta di un fenomeno sostenuto da vari siti del web e senz'altro, in contesti come quelli in cui stiamo vivendo, il fatto di trascorrere molto tempo soli, di accedere liberamente ad internet e il bisogno di imitazione tipico dell'età evolutiva, può favorire la pratica di queste azioni».

GIOVANI SCONOSCIUTI Nell'anno del virus sono quindi cresciuti in numero i pazienti che prima non erano noti ai servizi, giovani che in situazioni di normalità avevano un loro equilibrio. «La pandemia - prosegue la neuropsichiatra ha comportato un aumento dello stress e una riduzione delle risorse». Per risorse si intende il venir meno di azioni e persone di riferimento che vanno dai genitori anch'essi affaticati dalla situazione e talora meno disponibili, allo sport con l'allenatore, all'associazionismo con gli animatori, oltre alla scuola che ha chiesto nuove forme di adattamento. «Chi è resiliente riesce a trovare strategie efficaci per affrontare gli eventi che causano stress, mentre chi ha fragilità vede un aggravarsi delle proprie difficoltà». La Dad, molto utilizzata alle superiori, non va comunque demonizzata. «I social e la tecnologia - precisa - sono strumenti che i ragazzi già conoscono e presentano molte risorse e potenzialità. I giovani hanno trovato modalità per rimanere connessi, giocare assieme o fare i compiti a distanza. La Dad, non scordiamo ha anche agevolato in alcuni casi, riducendo l'ansia in ragazzi particolarmente emotivi».

L'ALLARME Difficoltà nell'età evolutiva che non spariranno nell'arco di un anno. «Se aumentano le necessità - per la responsabile del servizio - di pari passo dovrebbero incrementare anche le risorse». Attualmente in Veneto esiste solo il reparto di Neuropsichiatria infantile dell'ospedale di Padova (inserito nella Pediatria) in grado di rispondere alle emergenze psichiatriche, con sei posti letto, due neuropsichiatri infantili, una psicologa e una educatrice. «Pochi rispetto alle esigenze, aumentano i minori ricoverati nei servizi di Psichiatria dell'adulto e questo non va bene - conclude la professoressa Gatta - e anche una volta dimessi questi giovani che hanno bisogno di essere costantemente seguiti non riescono a trovare adeguate risposte nei servizi del territorio perché anch'essi insufficienti in quanto a risorse». 

Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 13:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci